Lunedì, 28 Giugno 2021 20:55

Brexit: il ritorno al passato che non c’è

Il 1° gennaio scorso, dopo lunghi negoziati e un periodo di transizione, il Regno Unito ha completato la procedura di recesso dall’Unione Europea, la cosiddetta Brexit: con l’eccezione dell’Irlanda del Nord ha abbandonato l’Ue e il libero scambio di beni e servizi che vige al suo interno. Contemporaneamente è entrato in vigore un accordo che permette al Regno Unito di continuare a commerciare con l’Unione senza dazi ma, in assenza di un riconoscimento reciproco delle normative sanitarie e di sicurezza, l’aumento dei controlli doganali ha causato disagi e ostacoli burocratici negli scambi tra le due coste della Manica: nel solo mese di gennaio le esportazioni del Regno Unito nell’Ue sono diminuite del 41% rispetto al mese precedente.

PERDITA INSOSTITUIBILE?
Il Regno Unito intende sostituire i partner europei, ma anche se Londra riuscisse a concludere accordi commerciali molto favorevoli con tutti i Paesi del Commonwealth appare difficile che questi possano compensare le perdite causate dalla Brexit: il Pil complessivo del Commonwealth è di circa 8.800 miliardi di euro, poco più della metà del Pil dell’Unione. Al dato numerico si aggiunge il problema delle distanze geografiche, che riducono di molto la possibilità di scambi. Vi è poi un tema geopolitico: la presenza britannica in alcune aree del Sud-est asiatico non verrebbe vista di buon occhio da Pechino.
Nel mondo non esiste un altro mercato così ricco e geograficamente vicino al territorio britannico come quello europeo, eppure il 16 marzo scorso il governo di Boris Johnson ha rilasciato un documento che delinea la strategia del governo in relazione al ruolo del Regno Unito nel mondo: Global Britain in a Competitive Age: the Integrated Review of Security, Defence, Development and Foreign Policy. Il primo ministro ha descritto il documento come «un passaggio necessario affinché nei prossimi decenni i britannici raggiungano sicurezza e prosperità». Nel documento, accolto con perplessità da diversi analisti, viene ripetutamente usata l’espressione «Global Britain», “Britannia globale”, che promuove l’idea di sostituire gli ex partner europei con i Paesi del Commonwealth, ma queste mire commerciali sembrano perlopiù impraticabili.

L’INCOGNITA USA
Il governo Johnson sta anche cercando di rafforzare il legame con l’alleato statunitense e i documenti di Downing Street 
sottolineano come gli Stati Uniti siano il principale alleato del Regno Unito, quello con cui condividere le sfide della lotta al cambiamento climatico e l’opposizione a Cina e Russia.
Al momento però le cose non sembrano andare secondo le aspettative: la nuova amministrazione Biden è apparsa piuttosto fredda verso Londra, nonché interessata a ricostruire il rapporto con l’Unione Europea peggiorato durante la presidenza di Donald Trump.
Il presidente Biden, inoltre, già in passato si era detto contrario all’uscita del Regno Unito dalla Ue e favorevole alla progressiva cessione di sovranità degli Stati nazionali europei alle istituzioni europee.

TENSIONI “DOMESTICHE”
Sul fronte interno la situazione non sembra migliore: in Scozia il governo regionale, dopo la vittoria elettorale degli indipendentisti, sta spingendo per ottenere un nuovo referendum sull’indipendenza mentre in Irlanda del Nord (che gli accordi della Brexit hanno mantenuto all’interno dell’Unione doganale europea) è ripresa la richiesta di unificare l’Irlanda, con scontri tra unionisti e indipendentisti che hanno costretto Londra a disapplicare gli accordi sulla Brexit. Per questo Bruxelles ha aperto una procedura d’infrazione per violazione del protocollo che regola lo status dell’Irlanda del Nord.

 

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Last modified on Lunedì, 28 Giugno 2021 20:59

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