Alle donne afghane sarà vietato di praticare sport perché giudicato non necessario e inappropriato. I nuovi talebani, quelli che avevano promesso di garantire “i diritti delle donne nella cornice della sharia” stanno venendo allo scoperto con il passare dei giorni. Diritto dopo diritto stanno spogliando le donne del loro presente e soprattutto del loro futuro. Dopo le stringenti regole imposte alle ragazze che vogliono continuare a studiare nelle università private afghane, è arrivato il divieto assoluto di sport. Le donne possono uscire di casa solo “per motivi essenziali come fare la spesa”. Lo sport non è ritenuto essenziale, quindi non sarà permesso.
Lo sport nazionale è il cricket e dal 2010 esisteva anche una Nazionale femminile, che negli anni si stava sempre più organizzando per partecipare a tornei internazionali. Scrivo esisteva, perché con l’arrivo dei talebani la capitana Roya Samim e altre due giocatrici sono fuggite in Canada, da dove hanno cercato di sensibilizzare International Cricket Council perché intervenisse per far uscire dal Paese anche le altre compagne. Samim in un’intervista ha dichiarato però di non aver mai ricevuto risposta dall’organo che gestisce il cricket a livello internazionale.
Le ultime notizie riportate dai giornali internazionali dicono ora che il presidente dell’Afghanistan Cricket Board, Azizullah Fazli, ha affermato che le donne potranno praticare questo sport se adeguatamente abbigliate. Anche perché proprio l’ICC richiede che ogni Paese abbia una squadra maschile e una femminile per poter essere ritenuto membro del consiglio e poter giocare nelle competizioni internazionali. E l’Australia, prossima avversaria della Nazionale afghana maschile, ha già fatto sapere che non scenderà in campo se non sarà permesso alle donne di giocare.
I numeri del calcio afghano femminile
Il calcio è uno sport meno popolare nel Paese e più complesso da giocare interamente vestite secondo i dettami talebani. Potrebbe, quindi, avere più difficoltà ad essere sdoganato per le donne. Ma quali sono i numeri del calcio femminile in Afghanistan? Sono andata a consultare l’ultimo report “Women Football – Member Associations Survey Report“, che ha anche uno spaccato per singoli Paesi. La Federazione di calcio afghana ha dichiarato di avere nel Paese 5000 giocatrici su una popolazione totale di poco oltre 35milioni di persone. Nello spaccato per età 3mila hanno più di 18 anni e le altre 2mila sono sotto questa soglia di età. Per fare un paragone nella stessa area l’Iraq ha più o meno lo stesso numero di abitanti e dichiara 500 calciatrici, mentre un altro Paese equivalente come popolazione, il Marocco, dichiara 3.255 calciatrici. Un numero, quindi, quello afghano di tutto rispetto. Il report fornisce anche il dato sulle allenatrici ” riconosciute, che in Afghanistan risultano essere 24 su un totale di 70, pari al 34%.
La presa del Paese da parte dei talebani si sta traducendo per le calciatrici non solo nel divieto di praticare sport, ma anche nel timore di poter subire ritorsioni. Tanto che la ex-capitana della Nazionale Khalida Popal, che ora vive in Danimarca ha lanciato un appello a tutte le giocatrici rimaste in patria: bruciate tutta la vostra attrezzatura sportiva e cancellate i vostri account sui social. E sottolinea come giocare a calcio per le donne nel Paese è una forma di attivismo per difendere i propri diritti, per difendere la propria identità e per esprimere il proprio orgoglio di ciò che si è.
La nascita del calcio al femminile nel Paese è molto recente. Le prime squadre sono del 2007, ma c’era un campionato interno e una Nazionale che partecipava alla South Asian Football Federation Women’s Champion. Ora si rischia di azzerare tutto.
La squadra di Herat ricomincia in Italia
Tra i 1.330 afghani, ospitati nel maxi campo profughi allestito in tempi record all’Interporto di Avezzano, a fine agosto c’erano anche quattro calciatrici della squadra di Herat, tutte fra i 19 e i 20. Un paio di loro sono riuscite ad arrivare con la famiglia, una con il fratello e un’altra è qui da sola. Con loro anche l’allenatore del Bastan Fc di Herat, squadra che nel 2016 aveva giocato una partita organizzata dai militari italiani della base di Herat.
Da una settimana circa, dopo la dovuta quarantena, il gruppo di 25 persone è stato trasferito a Firenze grazie all’Ong Cospe ed è stato accolto in strutture messe a disposizione dalla Caritas e dall’Istituto Universitario Europeo. “Da quando siamo entrate in Italia ci sentiamo bene, siamo al sicuro. Prima avevamo paura dei talebani. Noi vorremmo essere un esempio di speranza e fiducia per chi ancora vive in Afghanistan ma che spera di poter vivere in una società libera: è un messaggio per tutte le donne in Afghanistan” hanno dichiarato le ragazze, secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, durante un incontrato con la stampa a Palazzo Vecchio. Per motivi di sicurezza non è stato divulgato il nome delle calciatrici e del loro allenatore naturalmente.
Il viaggio fino a Kabul, hanno raccontato, “è durato 24 ore ed è stato molto pericoloso. Se i talebani ci avessero scoperto per noi sarebbe stato molto rischioso, così abbiamo viaggiato in modo che nessuno potesse rendersi conto di chi eravamo. Per 24 ore non abbiamo dormito“. Le calciatrici hanno anche ringraziato il loro allenatore perché “ci ha aiutato a crescere. Non è stato solo un allenatore ma anche un appoggio“. Sul futuro in Italia, hanno spiegato, “vorremmo studiare“. Nel gruppo c’è chi ha fatto informatica, chi letteratura inglese e ora spera di iniziare “con quella italiana“. Il futuro è anche legato allo sport: “Da sempre guardavamo il calcio in tv – hanno detto -. Qualcuna di noi gioca in difesa, altre in attacco. Adesso potremo continuare il nostro sport, andare all’università, lavorare e avere una vita felice, in sicurezza. Vogliamo ringraziare tutti“.
E magari fra loro non ci sarà la prossima Nadia Nadim, giocatrice naturalizzata in Danimarca e parte della Nazionale, ma di certo ci sono ragazze che potranno costruirsi un futuro in libertà senza temere per la propria incolumità.