Da sempre sentiamo parlare della fame nel mondo. La televisione mostra immagini di bambini denutriti, di mamme disperate e di interi villaggi che chiedono aiuto. Il conflitto in corso in Europa sta causando diversi effetti collaterali e la crisi alimentare a cui si accenna ultimamente è oltremodo preoccupante.
Sappiamo bene che l'invasione ucraina da parte della Russia ha avuto pesanti conseguenze sulle nostre vite: i costi di gas ed energia elettrica sono schizzati alle stelle, così come quelli dei carburanti necessari a far muovere le nostre automobili. Ma se il consumo di questi beni, che nelle nostre vite sono ormai considerati primari, può essere ridimensionato, discorso a parte meritano gli alimenti, carburanti essenziali dei nostri corpi.
Al momento milioni di tonnellate di grano giacciono ferme in territorio ucraino: i porti del Mar Nero, da dove solitamente partivano i carichi, sono bloccati dai russi e l'Unione europea si sta organizzando per intervenire. L'idea è quella di creare una piattaforma logistica che faciliti il transito della merce, ma tutto questo dispiego di forze non è forse il segnale che il prezzo del grano è destinato a rimanere alto, se non addirittura ad aumentare?
Anche il Canada si dice pronto ad intervenire. Melanie Joly, Ministra degli affari esteri del Paese, mira alla cooperazione con la Turchia, mentre alcuni Paesi stanno già puntando sulle alternative: Kenya, Egitto, Repubblica democratica del Congo, Nigeria e Camerun hanno eliminato il grano dalle loro diete per sostituirlo con prodotti locali facilmente reperibili e meno costosi, come il riso o la farina di manioca.
All'altro capo del mondo, in India, è in atto una corsa al carbone senza precedenti: il governo di Narendra Modi ha come obiettivo quello di raddoppiare la quantità di carbone estratto dalle miniere in meno di dieci anni. Per farlo, ha già svenduto vaste aree di foresta indigena, senza alcun consenso da parte degli Adivasi, le comunità locali che le abitano. Le conseguenze sono letali: le miniere esistenti hanno già distrutto le terre e le vite delle comunità confinanti, hanno spinto le popolazioni di elefanti locali altrove, e hanno inquinato l’acqua e l’aria causando gravi problemi sanitari e ambientali.
L'intero pianeta sta soffrendo e la posta in gioco è davvero molto alta. I Paesi auspicano l'autosufficienza ma il rischio è quello di causare effetti ancor più dannosi. La cooperazione in nome della pace permetterebbe un risanamento globale, ma gli interessi personali la ostacolano.
Possiamo ancora sperare che si realizzi?