Ciascuno sembra sospingere il mondo dalla sua parte, verso i suoi punti di vista e, se possibile, i propri vantaggi economici.
Coloro che gridano, dice Simone Weil, la maggior parte delle volte lo fanno per dire: «L’altro ha più di me». Ma c’è un altro grido, dice sempre Simone Weil, ed è quello di chi domanda: «Perché mi viene fatto del male?».
Questo grido «pone problemi totalmente diversi, per i quali è indispensabile lo spirito di verità, di giustizia e di amore». Molte volte resta sommerso e si manifesta solo se guardiamo profondamente la realtà che ci circonda: atteggiamenti e situazioni di persone reali, al di là di semplici notizie di parte o statistiche pilotate dal partito di turno.
Oggi nel nostro universo-mondo sono troppe le persone che chiedono che non sia fatto loro del male. Proteggere individui o interi gruppi umani di donne, uomini, bambini, bambine e anziani significa liberarci da quella logica che ci fa misurare la nostra vita sui soldi e sulle cose che ciascuno ha e che gli sembrano sempre troppo poche. In questo momento reale delle nostre società, quale di queste due domande ci interpella di più?
Per come continuiamo a rapportarci nei nostri Paesi, considerati i più ricchi del mondo, o nelle relazioni interpersonali con persone straniere o internazionali con popoli altri, che continuano a lottare per la sopravvivenza, sembra che la nostra preoccupazione sia sempre: «Perché non ho di più o perché l’altro ha più di me?»; ma anche: «Perché gli altri “poverini”, non hanno quello che abbiamo noi?».
Tutti sarebbero tenuti ad avere ciò che devono avere per vivere e vivere bene, ma la domanda principale è l’altra: «Perché mi viene fatto del male?». Su questo, o siamo distratti, o muti o incapaci. O non ci interessano le vie che liberano gli altri dal dolore, o non conosciamo nemmeno quali potrebbero essere le vie della pace, o siamo incapaci di rispondere, attanagliati come siamo dalle pratiche del benessere.
Così, le nostre predicazioni, le nostre presenze in terre altrui, i nostri centri sociali e, peggio, le nostre fondazioni e onlus, hanno risposto più alla prima domanda che all’altra. È tipico dell’Occidente cogliere di più ciò che manca all’altro che domandarsi chi gliel’ha tolto, o addirittura strappato, portandosi via con sé anche la vita.
A che male pensiamo quando preghiamo il Padre Nostro: «Liberaci dal male»?