Stavo guardando, ma la visione non era molto chiara (Ez 3,23) o forse troppo complessa per poterla leggere. Si trattava della realtà quotidiana di noi, umanissimi esseri. Solo per un attimo vidi in controluce: la luce c’è, anche quando le forme appaiono scure.
L’umano ha dei momenti di grande confusione, scambia bellezza con sovrappiù che diventano indispensabili idoli. Inventa bisogni.
Così leggo quello che ci sta accadendo, tra tumulti politici e sconfitte economiche. Il sistema socio-economico ingoia ogni cosa: la natura e il soffio vitale di ogni essere che abita l’universo, dal più piccolo al più grande, in cambio di infinite discariche di materiali tossici e di sogni abbandonati. Chi avrà la forza di rialzarsi dal cumulo di materia lasciata al bordo delle strade? Perché la luce resta dietro alle forme?
Eppure la realtà ospitava bellezza. Nelle più belle coordinate dei cammini spirituali dei popoli non esiste separazione. Il Principio e la creazione si abituano a vivere insieme fin dall’origine del loro big bang esistenziale. Questa vicinanza crea una bella inabitazione, che dura nella gioia e nel dolore, nell’esilio e nel permanente viaggio. Il Preesistente c’è sempre, anche se la sua Presenza non si impone.
Nel cristianesimo, come in altre vie sapienziali, i percorsi della fede della comunità credente ci accompagnano, introducendoci progressivamente in tutti gli spazi di vita: mangiare, dormire, ammalarsi, guarire, lavorare, riposare, amare e non amare…
Poi viene il tempo delle profondità. L’uccisione di Gesù ci trascina nel dolore dell’umano; agli inferi scopriamo altri come noi, e i nostri desideri si amalgamano in un’unica implorazione di liberazione. Poi, scoprire la tomba vuota ci mette in ansiosa ricerca. Lo spazio si apre, guardiamo in su, ma non è questo l’obiettivo: in su vediamo solo i cieli, che ci portano fra troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera, ionosfera ed esosfera. Stupiti continuiamo a cercarne il senso.
Poi una sensazione: un alito vitale ci avvolge (detto Spirito nella tradizione cristiana) e si sposa con l’aria. Ci viene detto di imparare nuovamente a respirare. Ci sentiamo rinfrescati ma allo stesso tempo sospinti ad andare ancora oltre. Il mondo visibile, con i suoi complessi elementi, e quello invisibile della Preesistenza sono intimamente uniti.
Percorrere queste trascendenze non è fatto puramente religioso: soffrono le persone, gli animali, la terra e l’acqua. E la domanda resta: chi si rialzerà per intraprendere ancora un viaggio di trasformazione? Chi guarderà in alto e in basso con la stessa intensità senza separare la quotidianità della vita dalle dimensioni segrete del mistero?
Oggi parliamo di populismi, sovranismi e altro simile. Le persone, nel pensiero e nei loro stili di vita, sembrano paralizzate dalla paura. La memoria di ciò che eravamo è quasi seppellita. Eppure esistono ancora movimenti liberi, che rinfrescano l’afa sociale, politica ed economica che stiamo respirando. Nessuno propone di tornare indietro, non è questa la posizione corretta per vivere. Nessuno torna nel ventre della madre per rinascere.
La posizione più vera è quella di chi guarda dentro. Riconoscimento di profondità nella realtà. Gli scienziati dicono che l’osservazione dell’invisibile alimenta in noi la creatività per uscire da questa situazione di stallo. La vita in quanto tale è movimento. Si muovono le cellule, si muovono gli astri e i pollini viaggiano senza permesso. I batteri si moltiplicano e partecipano a intessere il tessuto dell’universo. Migrano gli uccelli, eppure l’essere umano ha paura di questi strani passaggi celesti che indicano la complessa durata della vita.
Non torneremo indietro, andremo avanti, sospinti dai venti che si aggrovigliano nelle forme della realtà. Usciremo da questo labirinto di stasi e impareremo a percorrere i cieli, oltre a lasciare che altri percorrano i mari. I venti-soffio ci porteranno ancora. Quando ci prenderà la stanchezza, ci sdraieremo sui prati e guarderemo verso l’alto, ma il corpo sarà tutt’uno con la terra. Troveremo le vie nuove e disperderemo tutti quegli schemi che ci paralizzano.