Che cosa hanno in comune Andrea Camilleri, grande scrittore deceduto ieri e salutato oggi a Roma, nel Cimitero Acattolico per gli stranieri, e le cattolicissime monache di clausura?
Con modalità inattese e toni diversi, ma sempre pacati e attenti alla società nel suo complesso, ci donano saggezza.
Camilleri, comunista e agnostico dichiarato, sempre ironico ed entusiasta, amava prendere posizione con chiarezza. Nel giugno 2017 così si rivolgeva a un gruppo di studenti del Liceo classico Empedocle di Agrigento, da lui frequentato da giovane: «Il lavoro e la politica devono essere rifondati, e voi giovani siete in condizioni di farlo. Partecipate alla vita politica con l’incorruttibilità e con la forza della giovinezza, forse riuscirete a compiere questo miracolo. Il populismo e l’antipolitica non risolvono nulla».
Come uomo non ha taciuto neppure su mafia e potere politico: i suoi romanzi storici e i suoi saggi ne hanno rivelato gli intrecci letali, più che il tocco lieve dei romanzi di grande successo sul commissario Montalbano.
La sua denuncia risuona oggi, come ieri, come la sorprendente denuncia delle monache di clausura, che lo scorso 11 luglio hanno preso posizione sul diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano accoglienza e protezione. Lo hanno fatto in una lettera aperta al Presidente Sergio Mattarella e al Primo ministro Giuseppe Conte. «Solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone».
Camilleri ha saputo attendere 10 anni prima di veder pubblicato il suo primo romanzo. Anche le monache di clausura sono maestre di attesa, ma, come Camilleri, sanno anche uscire dal silenzio per appellarsi a difesa della democrazia e della dignità umana, oggi non più scontate.
Il famoso Camilleri, non credente in Dio, e le anonime monache di clausura, che a Dio consacrano la vita, sanno donare semi di saggezza: «Il sapere, chi ce l’ha lo deve seminare come si semina il grano», diceva lo scrittore a Fabio Fazio in un intervista del 25 febbraio scorso.
A ciascuno e ciascuna di noi, allora, buona semina!