Papa Francesco ama incoraggiare la Chiesa a sentirsi in cammino e a condividere passi con persone che sono fuori dalla cerchia gerarchica: il sinodo sulla “famiglia”, sui “giovani” e sull’Amazzonia, pur con tutti i loro limiti, sono stati processi orientati ad ascoltare e, possibilmente, a rendere presenti nell’aula sinodale chi quelle realtà le vive.
Già il 17 ottobre 2015, ricordando il 50° dell’istituzione del Sinodo dei vescovi per iniziativa di Paolo VI, aveva detto: «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», precisando anche: «L’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo».
Il linguaggio rimaneva squisitamente al maschile, ma la pratica ha evidenziato che con il passare degli anni il Papa ha invitato più donne nell’aula del sinodo: ancora senza voto e sedute nelle ultime file, ma almeno con diritto di parola. E lo scorso febbraio ha nominato una donna (religiosa) sottosegretaria del Sinodo dei vescovi. Lei avrà diritto di voto.
Il 7 marzo 2020 Francesco ha annunciato un sinodo dei vescovi sulla sinodalità, “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, che invita anzitutto ogni diocesi a mettersi in ascolto delle persone che la animano.
Finora il “cammino insieme” ha conservato tratti elitari ben poco “sinodali”, ma una riforma dello stile e delle modalità del “sinodo” è già iniziata grazie dalle donne cattoliche dell’Inghilterra e del Galles. Poco dopo l’annuncio del Papa hanno promosso e guidato un cammino laico e inclusivo, non di sole donne: Root and Branch, “radice e ramo”: «È tempo di far sentire la nostra voce e ascoltarci in reciprocità», perché questo è «un sinodo che comincia con le donne ma non si ferma lì». Il 7 ottobre 2021 hanno anche pubblicato il frutto del loro “cammino insieme”: The Brixtol text to Reform.
Il loro esempio incoraggia molto molto, perché l’inerzia di alcune diocesi italiane, e non solo, è vergognosa: mettersi veramente in ascolto delle persone laiche, donne e uomini, che le animano sembra impossibile: il sinodo è stato aperto il 10 ottobre e in molte parrocchie non se ne sente neppure parlare.
Forse, per avviare una vera riforma della Chiesa cattolica, è tempo di imitare le donne di oltre Manica perché, come ben esprime Maria Elisabetta Gandolfi, giornalista, moglie e madre: «Sinodalità significa comunione di diversità, anche di genere» e, come aggiunge la sottosegretaria (linguaggio di genere) del Sinodo, Nathalie Becquart: [le donne] «osino prendere la parola e occupare il posto che spetta loro… quello che offrono di specifico è l’essere motore di sinodalità. Perché desiderano fortemente che la Chiesa non sia più una Chiesa clericale riservata a una élite».
Siccome è previsto che gruppi di persone e singoli individui possano inviare direttamente il loro contributo alla Segreteria generale del Sinodo, le donne non mancheranno certo di far sentire la loro voce.
Buon cammino sinodale... “inclusivo”!