Arrivano a Bologna, e dal 10 al 12 giugno parlano di crisi ambientale e climatica.
Sono i ministri dell’ambiente dei sette Paesi Ocse più ricchi, inclusi gli Usa, che la scorsa settimana hanno irresponsabilmente abbandonato l’Accordo di Parigi sul clima.
Si riuniscono per il G7 Ambiente.
E mentre loro parlano nel lussuoso Hotel Savoia, comodamente protetti da migliaia di agenti, donne e uomini, bambine e bambini intraprendono viaggi scomodi e pericolosi.
Dal 2008 a oggi, una media di oltre 21 milioni di persone all’anno è in fuga da eventi climatici estremi, in prevalenza inondazioni e tempeste. Quando avvengono in Paesi privi di adeguate competenze e infrastrutture, la ricostruzione diventa faticosa e lenta. Non sempre si può tornare a casa…
Ci sono poi altri milioni di persone che fuggono dalla fame, perché la loro terra viene resa sempre più improduttiva dalla siccità e dal degrado ambientale, soprattutto nella fascia tropicale sotto il Sahara. Per loro la via è senza ritorno, perché non dispongono della tecnologia che permetterebbe di mitigare le alterazioni climatiche. Muoiono i loro raccolti e il loro bestiame. Non resta che emigrare, dalle zone rurali alle città, o direttamente verso altri Paesi. Ben 70 milioni di persone hanno già dovuto lasciare le zone rurali del Corno d’Africa, del bacino del Nilo e del lago Ciad.
E infine ci sono coloro che devono affrontare l’erosione costiera. I popoli della Micronesia sono già minacciati. «Per loro l’emergenza è ora», grida dalla Papua Nuova Guinea il cardinale Ribat.
Li chiamano eco-profughi, ma non viene loro riconosciuto alcun diritto d’asilo.
Cari ministri del G7 Ambiente, nelle vostre tavole rotonde immerse nel lusso, non vi dimenticate di loro.