Il 23 novembre 2017 una sosta particolare: papa Francesco invita a pregare per due Paesi dove la popolazione patisce grande violenza: il Sud Sudan e la Repubblica democratica del Congo.
Pregare aiuta anche a “ri-cor-dare”, ovvero “dare il cuore” alle centinaia di migliaia di innocenti travolte da aggressioni efferate. Sono soprattutto donne, ragazze e bambine.
L’arma dello stupro è terribile: anche se non uccide annienta.
Lo scorso luglio nel solo Sud Sudan migliaia di donne e ragazze sono state stuprate: il rapporto di Amensty International “Non rimanere in silenzio. Le sopravvissute alla violenza sessuale in Sud Sudan chiedono giustizia e riparazione” urla il loro dolore.
Già nel 2015 le milizie e le forze governative, che si contendono le miniere di Coltan e di altri minerali preziosi nella Repubblica democratica del Congo, stupravano 400mila donne, ragazze e bambine.
Stuprare è da secoli strategia di dominio su intere popolazioni. Ma alcune vittime non si rassegnano: Rebecca Masika Katsuva, dal suo immenso dolore, ha rigenerato tante vite annientate.
Per l’Osservatorio Balcani e Caucaso, la guerra in Bosnia non è stata da meno: una guerra contro le donne. Non sono contate fra le 8.372 vittime di Srebrenica, eppure lo sono altrettanto. La condanna di Ratko Mladic e Radovan Karadzic rende loro giustizia, ma non risolve la violenza, che anzitutto va prevenuta.
Ecco perché è importante sostare, pregare e “ri-cor-dare”: lasciar entrare nel cuore il grido di chi subisce soprusi devastanti, per dissolverli prima che avvengano di nuovo.
Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Tante le iniziative, in Italia e nel mondo.
Ma in Sud Sudan e nella Repubblica democratica del Congo non è attivo il numero 1255, che dal 2006 raccoglie il grido di migliaia di donne italiane vittime di stalking e violenza sessuale.
Così la preghiera diventa appello e denuncia, invito al cambiamento. Alle 17.30 nella Basilica di San Pietro hanno pregato per la pace. Ovunque ci troviamo, facciamoci presenti, perché la pace origina dalla nostra quotidianità: è la famiglia e la comunità che educano al rispetto o al sopruso, in ogni parte del mondo.