È mattina presto in una città italiana, l’autobus affollato di studenti e persone che si recano al lavoro.
Accanto a me una giovane donna con tratti orientali e occhi incollati allo schermo del cellulare. Baci e parole (che dal tono devono essere dolcissime) sono dirette a un bebè, i cui occhi perplessi riempiono la schermata.
Repentinamente la prospettiva cambia: il bebè è su un lettino. Al suo fianco un giovane uomo saluta la donna e continua a far ondeggiare il suo cellulare con zoomate incredibili. Ne ammiro le prodezze: è come se volesse far passare i baci della donna a quella creatura di pochi mesi, il cui volto di nuovo riempie lo schermo; gli occhi sempre più attoniti, quasi smarriti.
Ma la giovane donna continua ad avvolgere il suo cellulare di coccole. Si interrompe soltanto per accertarsi della prossima fermata. Incrocia il mio sguardo e mi rivolge un gentile «Buongiorno!». Lo ricambio e aggiungo: «Che bel bambino!». «È mia figlia - esclama raggiante -, è nelle Filippine», precisa con un oceano di nostalgia.
Ecco spiegata l’impossibile impresa di quel giovane uomo (forse il papà?) dall’altra parte del Pianeta: si ostinava a maneggiare il cellulare per far pervenire alla bebè il calore della mamma lontana. Ma la bambina era troppo piccola per riconoscere la madre nei punti luminosi di uno schermo.
Quante altre donne condividono lo stesso dramma? Lasciare figli e figlie, anche appena nate, per prendersi cura delle nostre case e di chi, qui in Italia, ha bisogno di cura.
Mi sovviene immediatamente la lettera scritta alla redazione di Combonifem da Miriam Perin, studentessa in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università di Aberdeen, in Scozia. In relazione al dossier “Economia e vita” afferma: «In Europa ricorriamo a lavoratori, ma soprattutto a lavoratrici straniere, sottraendo ai loro Paesi di origine anche le cosiddette “risorse di cura”. Questa nuova forma di imperialismo e di estrazione di risorse perpetua un processo di sfruttamento che ha le sue radici nella conquista coloniale dei secoli passati; oltre a derubare il Sud delle materie prime e dei materiali preziosi e necessari alla nostra crescita industriale, stiamo ora sottraendogli le risorse di cura: le braccia e i cuori che sostengono l’economia domestica. La ricerca dimostra che le bambine e i bambini lasciati senza cura sono più proni ad ammalarsi e a fallire a scuola. L’amore è il nuovo oro che stiamo rubando ai “Paesi poveri”. … Il funzionamento della nostra economia è reso possibile da un mondo fondamentalmente disuguale; occorre cambiarlo alle radici, per sviluppare un nuovo ordine economico, non più incentrato sul profitto senza scrupoli ma sulla qualità di vita di ogni persona».
E questo invito lo rivolgiamo direttamente al Forum economico mondiale che si svolge proprio in questi giorni a Davos.