Si è aperto ieri con una santa messa in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi per l'Amazzonia.
Coinvolti vescovi e diaconi di nove paesi: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana francese.
E anche sta volta, per le donne, sarà per la prossima volta.
Un Sinodo che si appresta a discutere, tra le altre cose, l’introduzione di veri e propri ministeri femminili.
Ma senza il parere delle donne che dovrebbero accoglierli.
L'obiettivo è quello di seguire l'esempio delle comunità paoline, animate anche da diacone, profetesse e apostole. È evidente quindi che si percepisca una volontà di cambiamento, ma se la riforma sarà attuata, le dirette interessate, le donne, non avranno avuto voce in capitolo. O meglio, non avranno avuto la possibilità di votarla.
In questo sinodo, come nei precedenti.
Si parte dall’Amazzonia. Il polmone verde del mondo ha qualcosa da darci e da dirci? O è soltanto un bacino di risorse del suolo e del sottosuolo? Si può vivere l’Amazzonia con e nella cultura occidentale?
Uno dei temi sarà l’ecologia integrale del creato, in cui tutto è in relazione. Sarà al contempo una contestazione degli interessi economici, della deforestazione indiscriminata, della contaminazione di fiume e laghi, fino ad arrivare allo sfruttamento e ai problemi che arreca il narcotraffico.
Una presa di posizione radicale da parte del Vaticano, che prende a cuore le tematiche ambientali e affronta con coraggio i danni irreparabili al bene comune causati dall’incuria dell’uomo.
Per entrare davvero nel mistero Amazzonia c’è oggi un lavoro eccellente di Lucia Capuzzi e Stefania Falasca: un’altra competenza femminile che dovrebbe avere voce in capitolo in questo Sinodo. Questo libro, Frontiera Amazzonia. Viaggio nel cuore della terra ferita spiega benissimo come e perché la Chiesa di Francesco deve attivarsi.
“L’Amazzonia – scrivono le autrici – non è un altro mondo, lontano ed esotico. È lo specchio del nostro. Ed è una questione di vita o di morte. Nostra, loro di tutti”.
E questo sinodo dovrebbe portarci al cuore della riforma di Francesco: rendere la Chiesa plurale per consentirle di promuovere uno sviluppo umano sostenibile, un’ecologia integrale capace di prevedere una globalizzazione che rispetta i popoli e le loro culture. Una cultura non uniformante, ma “sferica”, che ci rende tutti uguali.