Chiamo Maria Sonia per chiedere un’intervista telefonica. Con grande affabilità mi risponde, ma precisa: «Un’intervista telefonica fa rimanere troppo anonime e distanti: perché non incontrarci?». Sorrido e replico: lei vive ad Amandola, sui Monti Sibillini, io a Verona; ci separa una distanza di quasi 500 chilometri e mi sembra poco probabile poterci incontrare di persona, tanto più in un tempo post-pandemico ancora infarcito di incontri online per rispettare il necessario distanziamento fisico.
Ma la tenacia di Maria Sonia prevale, perché è avvezza a spostarsi per tutta Italia allo scopo di far conoscere le erbe: «Sarò in Veneto nella settimana dal 21 al 26 luglio. Non appena il programma sarà definito, te lo farò avere. Io non uso WhatsApp perché ho un vecchio cellulare, ma vedrai che i giovani che organizzano ti manderanno tutte le informazioni». E così è stato; è arrivata una pioggia di messaggi con locandine e programmi. Concordiamo di vederci a Valbrenta (Vicenza), ma non soltanto per l’intervista: mi invita anzitutto a una piccola “celebrazione” per incontrare le erbe, raccoglierle e chiamarle per nome, perché «non si può parlare di qualcosa senza farne esperienza».
Attraversare la crisi
Non sono presente fin dall’inizio, ma al riconoscimento delle erbe ci sono. Il gruppo informale pranza al sacco nell’orto-giardino di Laura, organizzatrice della giornata. Molte persone non si conoscono fra loro, ma non si direbbe; sulla riva destra del Brenta, luogo costellato di erbe spontanee e piante, danno l’impressione di “essere a casa”.
Maria Sonia mi saluta con un grande sorriso. Semplice, immediata, capelli lunghissimi e sciolti, proprio come una sibilla, ha il volto solcato dalla vita e occhi vivaci. È un tipo decisamente poco convenzionale. «Le erbe le raccolgo da quando avevo poco più di vent’anni – mi racconta come fossi un’amica –: è stata mia suocera a chiedermi di accompagnarla a raccogliere quelle “selvatiche”, e dopo le prime volte l’interesse è maturato anche in me; ma non avrei mai pensato che un giorno potesse diventare il mio lavoro.
Fino all’inizio del 2008 sono stata promotrice finanziaria. Con grande gioia dei miei colleghi, avevo chiesto di seguire i clienti che vivevano in campagna. Così coniugavo la mia professione con la raccolta delle erbe. Essere promotrice finanziaria mi ha reso attenta a chi ho davanti, a imparare e ricordare volti e nomi. Trattavo i clienti come avrei voluta essere trattata io, poiché mi affidavano i risparmi di una vita di lavoro. Alla fine del 2007, con il cambiamento delle regole, mi sono resa conto che non avrei più venduto nulla, perché quei prodotti di investimento che dovevo piazzare ai clienti io non li avrei mai acquistati per me stessa. Così all’inizio del 2008 mi sono licenziata».
«La fiducia mostra la strada»
Maria Sonia e le erbe sono amiche da oltre quarant’anni.
Anche Ildegarda di Bingen è sua “amica”: «Quando raccogli le erbe, non puoi non studiare Ildegarda: lei contemplava le piante. E quello che mi ha particolarmente interessato è il suo concetto di malattia come assenza di gioia. Assumere la sua ottica ti permette di vedere un’opportunità in tutto quello che accade».
Lo spirito contemplativo della monaca di Bingen lo riscontro anche in Maria Sonia, laica, madre di tre figli. Anche lei «osserva la bellezza della verzura sulla Terra» e onora l’abbondanza gratuita delle erbe spontanee: a cinquant’anni la fiducia nelle loro potenzialità le ha dato forza di ricominciare passi di vita prendendo un’altra strada.
«Ogni giorno benedici e ringrazi per tutto ciò che Dio dona a piene mani e di cui neppure sappiamo il nome. Ripagare per tutta questa abbondanza imparando il nome delle piante non basta: è importante riconoscere anche il valore di ognuna, nel germoglio, nella foglia… E mi stupisce scoprire che l’uso che ne è stato fatto per millenni e secoli corrisponde all’uso fitoterapico odierno. C’è voluta fede a cambiare lavoro», ripete guardandomi negli occhi. Fede, ovvero fiducia, anche nel valore delle piante che lei contempla come faceva Ildegarda. Maria Sonia Baldoni, però, non ha fiducia soltanto nelle erbe spontanee: nutre grande fiducia anche nelle persone, cosa che, a partire da lei, ha progressivamente generato una rete nazionale conosciuta come Casa delle Erbe.