È passata sotto silenzio la giornata mondiale della biodiversità. Ma mai come oggi sentiamo la necessità di riflettere sulla possibilità che abbiamo di essere la scintilla del cambiamento.
La giornata è stata istituita quasi vent’anni fa per commemorare l'adozione della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992. Ma in questi ultimi 20 anni, l’impegno profuso per contrastare la perdita della biodiversità sono andati a vuoto, minacciando il raggiungimento di almeno otto degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030: la tutela della biodiversità è infatti requisito necessario per la sicurezza alimentare, la salute, la salvaguardia degli ecosistemi oceanici e terrestri, il contrasto alla crisi climatica, la riduzione delle disuguaglianze e lo sviluppo di lavoro dignitoso, il mantenimento della pace e della coesione sociale. Tutti questi obiettivi hanno a che fare con noi ed è per questo che noi “Siamo parte della soluzione” tanto quanto siamo “parte del problema”.
Ma per risolverlo non dovremmo forse, prima, conoscerlo?
Eppure le scienze che studiano la biodiversità sono “fuori moda” e stanno scomparendo dai sistemi di alta formazione, senza mai essere entrate nei processi formativi di base. Tutti dicono che la biodiversità è essenziale, che va protetta, che non possiamo farne a meno, ma come possiamo valutare l’efficacia delle nostre azioni, incluso il Pnrr e la transizione ecologica, se non conosciamo lo stato di ciò che dovremmo salvare?
«La festa della biodiversità mi ricorda la festa della donna – ha scritto lo zoologo Fernando Boero nel suo blog qualche giorno fa - tutti dicono che è orrendo che si uccidano le donne, che le donne sono cruciali per la nostra società e la nostra economia, che devono essere valorizzate, e poi continuano ad essere uccise, licenziate, sottopagate. Le donne, però, hanno la possibilità di farsi sentire, di reagire, di combattere per far valere i loro diritti. La biodiversità no. Se si parla di diritti degli animali si parla delle pochissime specie con cui interagiamo direttamente, allevandole. Ma chi difende i copepodi, i lombrichi o le api? Senza questi animali gli ecosistemi smetteranno di fornirci i beni e i servizi che rendono possibile la nostra vita».
Se dalla politica fatica ad arrivare una risposta a queste domande, c’è chi tenta di sopperire a questa mancanza: è l’Associazione Laudato sì, che promuove iniziative, incontri e laboratori entro una molteplicità di “mondi sociali”, con particolare attenzione alla scuola: «Attualmente, con l’associazione Proteo Fare Sapere, legata alla Federazione Lavoratori della Conoscenza della Cgil, stiamo lavorando con un centinaio di insegnanti e studenti per elaborare un’offerta formativa a livello nazionale che metta l’educazione civica in relazione al “vivente” e al rispetto per l’ambiente» ci spiega Daniela Padoan. In tempo di pandemia si procede “da remoto”, con una girandola di dibattiti e iniziative, ma l’obiettivo è di portare la conoscenza e la sensibilizzazione anche alle persone socialmente e culturalmente svantaggiate. Perché siamo parte della soluzione, tutte e tutti.