Il cambiamento climatico è una sfida incombente. I segnali della devastazione sono ormai evidenti: le alluvioni in Germania e in Giappone, gli incendi in California e Italia, l’innalzamento del livello del mare a causa dello scioglimento dei ghiacciai sono solo alcuni dei più recenti. Da una ricerca condotta dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr di Torino e dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse di Pisa, le regioni più colpite dal cambiamento climatico sono l’Amazzonia, il Sahel, le aree tropicali dell’Africa occidentale, l’Indonesia e la parte orientale dell’Asia centrale. La necessità e l’urgenza di mettere tra le priorità il Pianeta e le persone che ci vivono è ormai un obiettivo globale e comune.
Equilibri ed equilibrismi
Gli effetti negativi devono essere arginati non solo dalla politica e dall’impresa ma anche dalla finanza, in particolare quella che si focalizza sui principi Esg (Environmental, Social, Governance) ‒ l’acronimo si riferisce ai tre fattori chiave per riportare al centro la sostenibilità e l’impatto generato. Emerge, tuttavia, la necessità di trovare ancora un punto di equilibrio tra obiettivi ambientali, regolazione verde e tutela del Pianeta da una parte ed equità, riduzione delle disuguaglianze, inclusione e impatto sociale dall’altra. La prevalenza degli aspetti E rispetto agli aspetti S e G è dettata dalla maggiore facilità di misurare quantitativamente le performance ambientali, oltre ad essere l’obiettivo che genera minor conflittualità con la finalità del profitto.
La povertà negli approcci alla componente S, i quali si concentrano su elementi puntuali quali la parità di genere, le politiche per i dipendenti in condizione di svantaggio, le politiche di welfare aziendale, è a discapito di elementi più strutturali e sistemici riferiti alle diseguaglianze, alle nuove povertà, all’inclusione nelle comunità di riferimento e ai processi di creazione del valore sociale. Questo quadro di riferimento è inoltre caratterizzato da una rapida evoluzione normativa e regolamentare, sia a livello nazionale sia a livello europeo.
Regole da migliorare
A valle della pubblicazione della tassonomia “verde”, la Commissione Europea ha recentemente reso nota una proposta di tassonomia “sociale” per la finanza sostenibile. Questa potrebbe garantire una maggior attenzione della finanza Esg agli aspetti di Social e di Governance, arginando anche fenomeni di social washing, ovvero la comunicazione ingannevole di un’organizzazione che presenta di sé stessa un’immagine legata alle tematiche sociali solo per migliorare la propria reputazione ma senza avere, in realtà, alcun impatto sociale positivo dimostrabile.
La proposta Ue di tassonomia “sociale” consente di codificare i prodotti finanziari che dirigono le risorse verso obiettivi di impatto sociale positivo.
Risulta fondamentale definire anche un’infrastruttura di misurazione che ponga particolare attenzione alla componente S: gli standard internazionali di valutazione di impatto che non garantiscono sufficiente copertura e profondità nella rilevazione del valore sociale dovrebbero essere integrati da misurazioni specifiche, con indicatori definiti per verificare l’impatto sociale e il reale cambiamento che viene generato da ciascuna transazione finanziaria.