Le catastrofi naturali sono prevedibili è il titolo di un volume scritto nel 1973 dal geologo francese Marcel Roubault. Descrive in modo chiaro e inequivocabile che l’umanità ha troppo spesso anteposto gli interessi dell’economia e della finanza a quelli delle comunità.
Negli ultimi decenni la diversità biologica ha subito gravissime perdite causate soprattutto dai cambiamenti climatici e dalla sistematica quanto assurda distruzione delle foreste tropicali. Parimenti, una gestione del territorio imperniata sul consumo irrazionale di suolo e sulla pretesa supremazia della tecnologia sulle leggi della natura ha determinato “catastrofi naturali” anche nei Paesi ricchi dell’Europa centrale: nel solo “vecchio continente” sono state migliaia le vittime degli ultimi anni.
Equilibri vitali
All’approccio antropocentrico, distruttivo e per certi aspetti insaziabile nell’utilizzo delle risorse naturali, può essere contrapposto un approccio biocentrico, rispettoso del territorio, della biodiversità e del bene della comunità.
La biodiversità, cioè la ricchezza delle svariate forme viventi che costituiscono una complessa rete di relazioni entro un ecosistema, garantisce il mantenimento degli equilibri ecologici non solo per gli ecosistemi naturali, come le foreste, ma anche per i sistemi realizzati dall’operosità umana, come le aree urbanizzate troppo spesso collocate in zone a elevato rischio idrogeologico.
Cultura del rispetto
Per evitare il tracollo diventa essenziale sviluppare il senso della comunità e promuovere la cultura del rispetto: per ogni forma di vita del Pianeta, per il territorio e il paesaggio, per la salute fisica e mentale delle persone. Rispetto per chi ci ha preceduto e, soprattutto, per chi verrà dopo di noi.
La crisi ambientale in atto è in grado di provocare ogni anno l’estinzione di migliaia di specie e di minacciare l’esistenza della vita sul Pianeta. Per questo è urgente un cambiamento profondo, una vera e propria conversione. La transizione non basta.
È indispensabile abbandonare i miti umani della mancanza di limite, dell’onnipotenza della tecnologia, dell’inviolabilità delle libertà personali e della finanza che alimenta sé stessa; è indispensabile osare scelte coraggiose, che spostino l’attenzione dall’individuo alla comunità e dall’accumulo di ricchezze personali alla ridistribuzione delle risorse in vista del bene comune.
La finanza rapace, che si alimenta distruggendo le risorse naturali, condiziona l’economia reale e la politica al punto che queste raramente riescono a imporre elementi etici nelle transazioni finanziarie. Prevalgono ancora investimenti che lucrano su fonti fossili, deforestazione e traffici illeciti, inclusi quelli di animali.
Tocca a noi
Chiunque investa o depositi risparmi può esigere di vedere il bilancio sociale della propria banca o preferire istituti bancari che finanziano progetti di associazioni operanti sul territorio e ispirati a una vera sostenibilità.
Chi è titolare di fondi d’investimento può esigere dalla società di gestione o dalla banca depositaria di documentare l’impegno concreto nella “conversione” ecologica. Come verificare che la “sostenibilità” di certi investimenti non rimanga soltanto uno specchietto per le allodole?