Può dare una definizione dell'economia di comunione che, citando il vostro statuto fondativo “è improntata alla comunione, alla gratuità e alla reciprocità”?
L'economia di comunione si potrebbe definire come un movimento di persone, imprenditori, lavoratori consumatori, studiosi, cittadini, impegnati a dare delle risposte di fraternità al problema della povertà. Per farlo promuovono una cultura che mette la persona, e il valore delle relazioni, al centro dell'economia. Perciò il profitto è visto come un mezzo, non come un fine.
Forse, per capire meglio di che cosa si tratta, ci serve andare alle origini. L'economia di comunione nasce da un'intuizione di Chiara Lubich, la fondatrice del movimento dei focolari. Durante una visita a San Paolo in Brasile nel maggio del ‘91, si trovò di fronte alle disuguaglianze di quel paese: grattacieli attorniati dalle favelas che sembravano una corona di spine intorno alle grandi ricchezze del capitalismo. Lanciò allora una proposta alla comunità del Movimento dei Focolari, dicendo: “Dovrebbero nascere delle industrie e delle aziende i cui utili e le cui ricchezze fossero condivise con lo stesso scopo della comunità cristiana: prima di tutto per aiutare quelli che sono nel bisogno, offrire loro il lavoro, fare in modo insomma che non ci sia alcun indigente. Poi serve anchesviluppare le aziende, soprattutto per formare uomini nuovi, perché senza uomini nuovi che abbiano un pensiero diverso non ci sarà una società e delle istituzioni nuove.”
Le persone hanno cominciato a mettere in pratica questi elementi; inizialmente nella comunità del Movimento dei Focolari, poi si è diffuso anche oltre. Così nasce l'attuale movimento dell'economia di comunione, che ha più di 25 anni e al quale aderiscono circa 1.000 aziende; ma anche tanti movimenti di cittadini; consumatori che fanno consumo critico; molti studenti che fanno la tesi sull'economia di comunione; studiosi che fanno ricerche su come queste pratiche rendano diverso e possano rinnovare il pensiero economico, dando degli spunti per una nuova economia.
Concretamente, quali sono i comportamenti, le dinamiche, le politiche aziendali richiesti agli imprenditori e alle aziende che vogliono aderire a questo modello di nuova economia?
Non c'è una procedura. C'è una proposta valoriale che si incontra anche con la vocazione della persona. L'economia di comunione propone la riduzione della miseria, dell'esclusione, l'attenzione alla formazione e la promozione di una cultura della comunione anche nel mondo dell'azienda, dell'economia, e lo sviluppo sostenibile nelle aziende. Il modo di concretizzarlo poi è pluralizzato.
Il valore irrinunciabile è la comunione: come modo di relazionarsi, e come base dei rapporti. Non c'è strumentalizzazione dell'altro: mi interessa perché è una persona, è il suo valore, e perché insieme vogliamo costruire qualcosa. La comunione rinnova anche il management, il modo di gestire l'azienda; perché il mettere la persona al centro fa anche nascere delle pratiche innovative. I criteri di base, la legalità l'attenzione al territorio, sono sempre presenti: è un “di più” rispetto alla responsabilità sociale; è la base, il punto zero. Come dicevo, questo si incontra anche con la vocazione, con le caratteristiche dell'imprenditore, con i talenti; perché ogni azienda mette in pratica questa proposta valoriale in un modo diverso.
Faccio alcuni esempi. Il Bangko Kabayan è una banca di sviluppo delle Filippine: questa chiamata a fare qualcosa per gli ultimi l'ha portata avanti cambiando il target dei propri clienti. Perciò oggi la banca ha l'85% dei clienti, in gran parte donne, che sono micro imprenditori ai quali offre servizi bancari. A persone che erano escluse del servizio dei servizi finanziari offrono risparmio, prestiti, microassicurazioni, corsi di imprenditorialità per aiutarli a far crescere le loro attività produttive. Altro esempio è Easykit, un'azienda che fornisce kit fai da te in Belgio. Loro sentono un forte impegno per la condivisione della ricchezza degli utili. Questo aspetto lo sottolineò papa Francesco quando la comunità di Economia di Comunione Internazionale ha avuto un incontro con lui, che ci disse: “Non scordatevi questo aspetto della condivisione degli utili, perché è un modo di dire al denaro ‘tu non sei il mio dio’."
[...] Come dicevo, non c’è una procedura per diventare azienda dell’Economia di Comunione. È l'inizio di un percorso: l'imprenditore, o la persona perché siamo tutti agenti economici, sceglie di cominciare a guardare le sue pratiche aziendali, le decisioni che prende, con l’idea della persona al centro della comunione; alla base dei rapporti; della ricchezza come frutto del lavoro dell’insieme, perciò da condividere. Con gli anni, dalla pratica stessa degli imprenditori, si è capito che c'erano alcuni elementi in comune a livello delle pratiche aziendali, e alcuni imprenditori hanno provato a sintetizzarli in una sorta di “linea-guida per le aziende dell’economia di comunione”. Sono linee sempre in evoluzione, non definitive, che ci fanno vedere ogni aspetto dall'azienda “illuminato” da questo stile diverso della comunione. Inoltre ci sono dei professionisti molto competenti che fanno consulenze aziendali con questa logica; perciò aiutano gli aderenti a guardare l'azienda con occhi nuovi; a riconoscere il dono che già esiste nell'azienda; a riconoscere i beni relazionali e dargli un valore. Non sono beni materiali né tangibili, ma hanno delle conseguenze tangibili. Gli esperti che aderiscono all'economia di comunione ci aiutano anche a livello globale a fare dei passi, a crescere, a essere sempre più fedeli a questa vocazione che è una proposta: una proposta valoriale; una filosofia da vivere nell'azienda che però incontra una vocazione individuale. Ci aiutano a concretizzare meglio queste vocazioni individuali sentite dalle persone che si avvicinano a questo movimento.
Come accennava c'è anche un compito formativo del movimento dell'economia di comunione. Come viene svolto?
E’ un aspetto importante perché una parte del profitto condiviso dagli imprenditori è diretto alla formazione dei giovani di una nuova generazione, a una cultura che metta l'uomo al centro, e alla cura della casa comune. A livello pratico questo si è concretizzato nelle scuole che, negli ultimi anni, hanno formato più di 500 giovani negli ultimi, e anche in borse di studio create con gli utili degli imprenditori che sono piccoli e poveri, ma sono tanti. Si è anche avviata un'università, l'Istituto Universitario Sophia (IUS) che tra gli indirizzi ha l'economia, con l'approccio dell'economia di comunione, dell'economia civile. Più di 400 tesi sono fatte sull'economia di comunione, e ci sono docenti in diverse università che creano cattedre e corsi su questo stile di agire economico, su questa missione. E’ una cultura che, in diverse parti del mondo, sta seminando dei piccoli germogli di un pensiero nuovo.
A parte il movimento dal basso, dell'imprenditoria, della società civile, ovviamente c'è bisogno anche di un appoggio dall'alto. Come viene accolta l'economia di comunione a livello politico, internazionale o in Italia, e come si propone il movimento a questo livello?
Questo è molto importante perché noi non vogliamo agire sulle conseguenze della crisi economica sociale e ambientale. Non vogliamo lavorare solo con le vittime, anche se lo si fa: ci sono dodici progetti di inclusione produttiva che si sostengono con questa condivisione dagli imprenditori e anche da persone singole.
Quattrocentonovantacinque famiglie che erano in stato di bisogno sono state aiutate negli ultimi due anni. Oltre a questa cittadinanza attiva, a questa sussidiarietà, a questa corresponsabilità che sentiamo con le persone nel nostro territorio e nella nostra comunità, sentiamo che la collaborazione del settore pubblico ci può aiutare a moltiplicare, a far si che questa nuova cultura, queste esperienze di forte testimonianza, diventino delle politiche pubbliche e un sistema. In questo senso, oltre le diverse collaborazioni che si sono strette durante gli anni, abbiamo intrapreso una strada che è quella di cominciare a creare rete con altri che stanno lavorando come noi per dare risposte sostenibili alla povertà e al grido della Terra.
Questo ci ha spinto a organizzare un evento insieme a sette partner: The Global Catholic Climate Movement, ATD Quart Monde, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Nomadelfia, Mondo di Comunità e Famiglia, Ragazzi per l'Unità, e Movimento SlotMob contro il gioco d'azzardo. Ci siamo messi insieme per pensare nuove vie di collaborazione, perché non potremo cambiare il sistema da soli: dobbiamo farlo insieme. Dobbiamo pensare insieme delle politiche pubbliche che aiutino a moltiplicare queste esperienze, profetiche in qualche modo, che tanti movimenti, tante realtà economiche provenienti dai carismi, stanno portando avanti. L’evento che stiamo organizzando si farà a novembre. Vuole avvicinare tutti questi protagonisti del cambiamento e cominciare a guardare al futuro insieme. Sarebbe il primo passo di un percorso, di un processo che poi sicuramente avrà anche a che fare con l'interazione con i politici, con il riflettere su politiche pubbliche.
Per il momento nasce dal basso, e sentiamo che le proposte dobbiamo cominciare a farle insieme, far vedere che c'è massa critica. Si possono trovare informazioni sul sito internet propheticeconomy.org. L’evento si svolgerà in Italia, a Castel Gandolfo presso Roma dal 2 al 4 novembre. E’ aperto a tutte le organizzazioni, le realtà, le persone che vogliono lavorare in questo senso; a chi ha già delle realtà vive, dei progetti di inserimento lavorativo, di risposta di ecologia integrale, e vuole conoscere i suoi compagni di strada; e ad altri che stanno facendo lo stesso. Faremo un concorso di economia profetica, per far vedere quante migliaia di pratiche e realtà che non conoscevamo ci sono. Questo evento sarà internazionale. Avrà dei mini eventi-satellite in diversi paesi del mondo, perché evidentemente non tutti potranno essere presenti di persona: ci saranno delle piccole manifestazioni in diversi paesi collegate via streaming con il nostro evento principale.
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