Lunedì, 03 Agosto 2020 07:49

Laici e laiche, speranza della Chiesa

La riflessione sui laici e sui loro ministeri nella vita ecclesiale accompagna in forma crescente l’esperienza e la teologia postconciliari. Sempre più riconosciamo il valore basilare dell’apporto di uomini e donne, che – sul fondamento del battesimo – assumono il compito essenziale dell’annuncio della fede nei diversi contesti di vita e si mettono a servizio della comunità per rispondere alle necessità presenti.

Dalla catechesi alla carità, dall’animazione di attività ricreative alla formazione dei giovani: i ministeri esercitati di fatto da battezzati/e sono innumerevoli. Il volto della Chiesa postconciliare è plasmato proprio da questa diaconia battesimale. È cresciuto anche il senso della corresponsabilità di vescovi, preti, diaconi e laici/laiche, che non sono più pensati come meri collaboratori della gerarchia. L’unica missione della Chiesa è realizzata con l’apporto di molti carismi e di differenziati ministeri.

Comunità in evoluzione
Anche in Italia la diminuzione del numero dei preti e la diffusione di studi biblici e teologici tra i laici hanno permesso forme nuove di coinvolgimento pastorale, anche a tempo pieno, che stanno mutando progressivamente il volto delle comunità cristiane. Uomini e donne laici sono divenuti direttori di oratori e centri giovanili o guidano gli uffici pastorali diocesani. Incontriamo anche coppie di sposi che animano comunità cristiane senza parroco residente o lontane dal centro parrocchiale, magari parte di una unità pastorale che raccoglie più parrocchie sotto la guida di uno o due presbiteri.

Nel contesto italiano, ancora debitore di una impostazione pastorale “classica” incentrata sul parroco e su una logica tridentina di Chiesa, si tratta di esperienze relativamente recenti, ma, nonostante le resistenze a questo cambiamento in alcuni preti e laici, è evidente la carica di creatività e vitalità che segna queste esperienze.

Per una Chiesa tutta ministeriale
Le Chiese dell’Amazzonia, come mostrato dal recente Sinodo, hanno molto da condividere – per esperienza e per riflessione – con le Chiese europee su «una Chiesa tutta ministeriale» (Documento finale 93), che coniuga l’apporto di laici e ministri ordinati. In occasione dell’Assemblea dei vescovi francesi del 1973, era stato Yves Congar, uno dei teologi protagonisti del Vaticano II, a parlare per primo di «Chiesa tutta ministeriale» per indicare il coinvolgimento attivo di tutti e tutte nell’edificazione della comunità ecclesiale. I vescovi dell’Amazzonia l’hanno posta all’inizio del paragrafo “Nuovi cammini per la ministerialità ecclesiale”, nell’ultimo capitolo del Documento finale (DF), dedicato alla conversione sinodale.

In un contesto segnato da un numero estremamente limitato di presbiteri e diaconi, le comunità cristiane sono animate da laici, laiche, religiose. Fin dalla fase di ascolto, che ha coinvolto circa 87.000 persone, è stato messo in luce il vivo e consapevole protagonismo laicale, il valore della collaborazione con movimenti politici e di custodia dell’ambiente. Accanto ai classici ministeri per la catechesi, la liturgia, il servizio di carità, vengono ricordati ministeri per la promozione ecologica, per la formazione sociopolitica e la tutela dei diritti umani, per la riconciliazione nei conflitti, per l’accoglienza di appartenenti ai popoli originari che migrano nelle periferie urbane.

Tre richieste
Nella fase di ascolto molti hanno insistito sullo sviluppare forme ministeriali inculturate, nel pieno rispetto e riconoscimento delle forme di autorità proprie dei diversi popoli; promuovere la corresponsabilità preti-laici, riconoscendo ai laici autonomia e potere di intervento e decisione; strutturare itinerari formativi comuni a seminaristi, futuri diaconi, laici/laiche, superando la formula classica del seminario. Come avviene anche nel contesto della Chiesa italiana, non sono pochi coloro che denunciano atteggiamenti paternalistici da parte dei preti, clericalismo, mancato riconoscimento della professionalità e dell’esperienza di vita dei laici, nonché sospetto per l’impegno civile e politico di tanti leader.

Le esperienze della Chiesa in Amazzonia, contraddistinta da un forte profilo partecipativo e ministeriale e da una forte autocoscienza delle donne, sono confluite nell’Instrumentum laboris (IL), il documento di lavoro per i vescovi riuniti a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019. Il tema dei ministeri è affrontato nella terza parte, “La Chiesa profetica in Amazzonia”, in particolare nel IV capitolo, sull’organizzazione della comunità. Il punto-chiave è il paragrafo 129, un testo ampio, in cui si concentrano alcune proposte davvero innovative. Per ripensare le strutture tradizionali, ereditate dal passato e ora inadeguate (IL 134-135d), e far crescere una «Chiesa dal volto amazzonico», si deve partire dal contributo dei laici: superare «il clericalismo per vivere la fraternità» (IL 119c e 127).

Apporto insostituibile…
Nel Documento finale, che riprende la visione del Vaticano II e dei documenti di Medellín e di Aparecida, i vescovi ribadiscono la soggettualità radicata nel battesimo (cfr. Lumen gentium 31, citato in DF 93-94) e riconoscono come insostituibile l’apporto laico in una Chiesa «comunione sinodale». Menzionano ministeri nuovi, necessari nella regione amazzonica per la cura della “casa comune”, e la creazione, su mandato episcopale, del ministero di coordinatori/coordinatrici di comunità (DF 93.96) che riconosca appieno queste figure. Migliaia di laici e laiche determinano il volto della Chiesa amazzonica con la loro ricca e variegata ministerialità, con la loro spiritualità nelle relazioni familiari e nelle attività lavorative, con l’annuncio del Vangelo nell’impegno politico e sociale, nel denunciare l’ingiustizia economica e la crisi ecologica, con il servizio ai poveri e con il loro senso di partecipazione e corresponsabilità per il bene comune.

… e riconosciuto
In Querida Amazonia (QA), il Papa ha auspicato per l’Amazzonia «lo sviluppo di una cultura ecclesiale propria, marcatamente laicale» (QA 94), accogliendo la richiesta dei vescovi di «fare dei laici attori privilegiati» (DF 93) e dichiarando che «solo attraverso un incisivo protagonismo dei laici» sarà possibile una «presenza capillare di Chiesa» (QA 94).
Davvero, come scritto in una delle sintesi della fase di ascolto, «sono i laici la speranza della Chiesa». Anche in questo le Chiese locali dell’Amazzonia testimoniano la forza della visione del Vaticano II e orientano la Chiesa intera in un reale e profondo rinnovamento: «Il profilo profetico della Chiesa si mostra attraverso il suo profilo ministeriale partecipato» (Documento preparatorio 14).

Last modified on Lunedì, 03 Agosto 2020 07:53

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