Acquista un valore diverso, quest’anno, la tradizionale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. A cinquecento anni dalla Riforma protestante, l’appuntamento si chiude oggi, 25 gennaio. È lo stesso giorno in cui, settantotto anni fa, Beata Gabriella Sagheddu donava la propria vita per l’unione e la riconciliazione ecumenica della Chiesa.
«Che cosa più della preghiera insieme, può ricondurre i cristiani a condividere e a testimoniare la medesima fede?», si interroga Enzo Bianchi in un articolo su Famiglia Cristina. «Proprio nell’ascolto dell’unica Parola di vita – consiglia – i fedeli imparano a presentarsi davanti al Signore insieme, dopo essersi riconciliati con il fratello». Ed è questa una delle sfide più alte che Papa Francesco si è apprestato ad affrontare, a diffondere e a raccomandare (video).
Da un tweet del Pontefice scorgiamo l’unità come necessità, esigenza che sgorga “dall’intimo della nostra fede in Gesù Cristo”. Ma i passi già fatti ad Avana e a Lund, lo scorso anno, segnano la strada che l’Europa, e il mondo, hanno già iniziato a percorrere. Comunione e armonia sono, per Francesco, traguardi possibili. Sono, per tutti i fedeli, i valori che hanno mosso la volontà della Beata Gabriella e che dovrebbero muovere i passi di tutti.
In un’Europa e in un’Italia che accoglie ogni giorno profughi e rifugiati, cristiani e non, la salda fede nel figlio di Dio, non può che essere un «filo verde di speranza». Verde come il germoglio di unione tra le chiese cristiane che sta nascendo vivido da un passato di discordie. E vive nelle storie di un Papa coraggioso, che attraverso la sua vita racconta al mondo il sogno di un’unica fede.