Relatori e partecipanti provenienti da contesti accademici, linguistici ed ecclesiali diversi, hanno dato vita ad una inedita comunità di ricerca, profezia di pace in scenari non certo idilliaci.
Nella tavola rotonda di conclusione è stato proposto un ricco itinerario storico, dalla Riforma al Novecento, fino ai giorni nostri, con un’apertura al ruolo della teologia femminista e alla pratica delle varie Chiese. Il taglio puntuale dei contributi ha permesso di esemplificare la concreta azione e gli spazi acquisiti dalle donne nei vari periodi.
Un prisma di SIGNIFICATI
Il tema proposto nel convegno si presenta come un prisma dalle molteplici facce, che rappresentano i vari tagli della riflessione: storico, biblico, di genere, ecumenico. La prospettiva storica è quella che ne ha indirizzato il cammino. Il paziente recupero delle fonti ha permesso alle donne, alle loro voci, ai loro circoli, di riemergere da quell’abisso in cui il fluire, mai neutro, dei secoli le aveva sommerse.
L’evento è stato un’ottima occasione per praticare quel sano allenamento mentale che evita il ristagno delle idee. Al contrario di quanto taluni sostenevano riguardo alle fattezze del corpo femminile, che rispetto a quello maschile sarebbe più adatto alla sedentarietà e perciò alla vita domestica, il convegno è stato segnato dal movimento delle persone e dei pensieri, dando luogo ad una «comunità ermeneutica» che trae origine dall’ascolto e dalla messa in circolo dei saperi storico-teologici e dei contesti ecclesiali.
La ricerca di emancipazione delle donne non conosce distinzione confessionale e, all’indomani di questo convegno, si può ben dire che la ricerca storica lo stia dimostrando. L’attenzione focale sulla Riforma non ha ostacolato l’apertura di qualche squarcio sul panorama cattolico, a detta di Gigliola Fragnito (Università di Parma) non del tutto sequestrato dalla proibizione di accesso alla Bibbia dopo il Concilio di Trento.
Quale il rapporto di Lutero con le donne?
Il riformatore è chiaramente debitore del pensiero aristotelico sull’inferiorità e la subordinazione delle donne, ha spiegato Charlotte Methuen (Glasgow). Tuttavia, a livello spirituale, Lutero rifiuta categoricamente l’idea che la donna debba essere biologicamente intesa come un uomo mancato, però nega alle donne l’accesso al ministero pubblico della predicazione, pur riconoscendo la possibilità di una chiamata a profetizzare. Il nuovo contesto certamente portò ad un contatto più stretto tra i teologi e le donne: molti infatti scrivevano all’interno di un’esperienza matrimoniale e di condivisione di vita.
Sarà il pietismo, in particolare quello radicale, a incoraggiare una revisione del ruolo femminile nelle Chiese alla fine del Seicento.
Le Chiese protestanti della prima modernità erano dunque patriarcali come il cattolicesimo.
Per Lothar Vogel, della Facoltà Valdese «quando nel XX secolo le Chiese protestanti cominciano a discutere l’apertura del pastorato alle donne, le discussioni del Cinquecento guadagnano attualità.