Le Pie Madri arrivano a Lul, nel Sudan meridionale: è il 1901. La loro presenza, però, si diffonde nelle altre regioni soltanto a partire dal 1919, con le comunità di Wau e dintorni. Molto attive nelle parrocchie, nell’educazione e nella sanità, sono apprezzate per la loro vicinanza alla gente.
Dal 1948 il Sudan tratta l’indipendenza dal Regno Unito e inizia una progressiva islamizzazione delle regioni meridionali del Paese, fino ad allora tenute separate da quelle arabe del Nord.
Secoli di schiavismo, interrotto alla fine dell’Ottocento dal governo britannico, sembrano incombere di nuovo: il 18 agosto 1955 le etnie del Sud si ribellano e inizia una lunga guerra civile che, a fasi alterne, continuerà fino al 2005.
Le missioni cristiane, accusate di fomentare la rivolta, dal 1961 assistono alla graduale espulsione del personale straniero: sono espulse 147 Comboniane, di cui 98 dal 27 febbraio al 9 marzo 1964.
Il 27 febbraio 1972 il trattato di Addis Abeba sembra porre fine al conflitto e anche le missioni riprendono vita. Nel 1973 le prime Comboniane rientrano a Nzara per occuparsi del controllo della lebbra: sono Camelia Tebaldi e Agata Cantone, raggiunte nel 1977 da Giovannina Zucca.
La pace è fragile e le ostilità riprendono nel 1983: la missione di Wau diventa un campo profughi, e Juba, capitale del Sudan meridionale, è ripetutamente bombardata. Missionari e missionarie, tra cui Giovanna Sguazza, cercano comunque di tenere aperta la scuola. Quando la popolazione protesta per strada contro l’islamizzazione, le suore sono con la gente: vengono identificate, accusate di sobillarla ed espulse nel 1992. Torneranno a Juba nel 2006, mentre continuano a rimanere sotto le bombe in altre aree del Paese.
Grazie a un accordo firmato nel gennaio 2005, le ostilità cessano, e quasi 5 milioni di profughi fanno ritorno. Nel luglio 2011 il Sud Sudan diventa uno Stato indipendente, ma la festa dura poco. Le tensioni fra etnie rivali in lotta per il potere esplodono nuovamente alla fine del 2013. Le Comboniane rimangono, e fino a oggi continuano ostinatamente ad affiancare e servire quel popolo gravemente ferito.