Alcuni hanno appena 3 anni: sono accovacciati per terra con le mani aperte a chiedere l’elemosina. Altri sono più grandicelli: camminano già, anzi, saltano verso i finestrini delle auto imbottigliate nel traffico per chiedere qualche spicciolo. Le ragazzine sono le più numerose: alcune, lo rivela il loro sviluppo puberale, hanno anche 14 anni e spesso portano un neonato sulle spalle, per impietosire meglio i passanti.
Quali cause?
Questa infanzia mendicante che non conosce una parola di inglese si riversa nelle strade del centro di Kampala, la capitale dell’Uganda; arriva da circa 500 chilometri più a nord, dalla regione del Karamoja. Qui la vita non è mai stata facile, ma gli eventi climatici estremi, sempre più ricorrenti (cfr. pag. 18-19), l’hanno resa quasi insostenibile. Le infrastrutture sono carenti, meno del 20% della popolazione è scolarizzata e anche i servizi sanitari sono scarsi. Dalle informazioni raccolte dall’Ufficio per le donne e le pari opportunità della diocesi di Moroto, risulta che questi bambini e bambine sono comperati al “mercato degli animali”, centrale nella cultura pastoralista dell’arido Karamoja. Ma c’è chi li “acquista”, per molto meno, direttamente dai genitori, e li trasporta a Kampala. Nel settembre 2018 la polizia arrestò 8 persone che trafficavano bambini e bambine di quella regione per sfruttarli in città; l’anno seguente, il Parlamento ha decretato che dare un’elemosina ai bambini e bambine che fanno accattonaggio è reato: la pena può arrivare a sei mesi di prigione.
Nel 2019, in Uganda erano quasi 15.000 i minori, in prevalenza dal Karamoja, costretti all’accattonaggio: la città di Kampala ordinò addirittura di evacuare tutti i Karimojong che affollavano il quartiere povero di Katwe, dove molti bambini e bambine, sempre sotto il controllo di chi li sfrutta, passano la notte in baracche fetide. In tempi più recenti la loro presenza è stata registrata anche oltre confine, in Kenya, a Nairobi, e persino in Somalia. Molto lucrativa risulta anche la tratta di ragazze ugandesi nei Paesi arabi.
“Commercio” intricato
Chi sono i trafficanti di persone che, dalla sperduta area di Napak nel Nord-est del Paese, scaricano questa “tenera merce” nel caos di Kampala? Chi schiera questa moltitudine di minori a tendere la mano nei punti di maggior transito pedonale?
«È una realtà complessa: le ragioni non sono chiare, ma senz’altro c’è sotto un interesse economico che avvantaggia tanti. Solitamente, chi controlla questa tratta sono parenti o conoscenti delle giovanissime vittime, spesso donne che restano in disparte e intervengono solo per picchiarle quando si stancano o quando non s’impegnano abbastanza a chiedere l’elemosina. Il Karamoja è una delle regioni meno sviluppate dell’Uganda e anche la più povera: una savana con piogge sempre più irregolari che mettono a rischio i raccolti. Spesso il cibo non basta a sfamare la famiglia».
Così spiega Fernanda Cristinelli, missionaria comboniana: in Uganda è arrivata la prima volta nel 1992 ed è vissuta anni in Karamoja. Nel 2003, quando lascia la “perla dell’Africa” per il Kenya, le strade di Kampala sono piene di bambini di strada, ma certamente non karimojong. Nel 2017 ritorna, per coordinare l’Ufficio per le donne e le pari opportunità della diocesi di Moroto, e rimane sconvolta da quello che vede: «Nella tradizione karimojong l’intero villaggio si prende cura dei bambini e delle bambine: che cosa è successo? Oggi ai genitori vengono addirittura offerti doni purché consegnino figli e figlie, anche in tenera età, a parenti e conoscenti che se li portano a Kampala. È una forma di grave sfruttamento di minori che in Uganda fiorisce nonostante la legislazione antitratta in vigore dal 2009. Negli ultimi 15 anni la migrazione infantile dalle zone rurali alla città è aumentata in modo vertiginoso».