Il 14 ottobre la Bbc comunica che un centinaio di giocatori di calcio afghani, tra cui 20 giocatrici, grazie alla Fifa hanno raggiunto il Qatar. Adesso sono libere e potranno continuare a giocare.
Ma a Kabul una giovane di 17 piange: non può più andare a scuola. La famiglia aveva investito tanto su di lei, perché era molto dotata e studiava con passione. Il fratello continua il suo percorso educativo, lei no, come altri milioni di ragazze è, “sepolta” in casa. Dal ritorno dei talebani, alle bambine è permesso frequentare le scuole elementari, ma non più le superiori e l’università.
Dicono che nella città di Mazar-i-Sharif il divieto non sussiste, ma è la paura che la fa da padrone: ogni donna, anche giovanissima, viene picchiata se trovata in strada senza un tutore maschio. E allora è meglio non uscire.
Questa è la situazione di tutte le donne afghane che prima studiavano e lavoravano: sono milioni, “sepolte” in casa, eccetto quelle che operano nei presidi medico-sanitari e pochissime altre.
Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace 2014, insieme alle attiviste afghane Zarqa Yaftali, Shaharzad Akbar, ha lanciato un appello ai leader delle nazioni del G20: «Dibattere sull'importanza dell'istruzione non basta. Usate la vostra Dichiarazione per chiedere ai talebani di consentire alle ragazze di andare a scuola, e stanziate finanziamenti urgenti a sostegno di un piano educativo coordinato per sostenere tutte le bambine e i bambini afgani».
L’appello può essere sottoscritto su avaaz, e chissà che non renda Malala Yousafzai, Zarqa Yaftali e Sharharzad Akbar più “potenti” della Fifa.