Giorgia, il nome è di fantasia, ha ventiquattro anni ed è originaria di un piccolo paesino della Romania. Oltre alla mamma, viveva con due sorelle più piccole, e in casa si stava male, non c’erano soldi: non si poteva comprare il cibo, non si poteva pagare la bolletta della luce né quella del riscaldamento. E’ arrivata in Italia quando di anni ne aveva solo 14, convinta da alcune persone che credeva amiche che nel Belpaese avrebbe potuto trovare un lavoro dignitoso, prendere uno stipendio e quindi mandare soldi a casa. Solo mentre era in viaggio ha scoperto di essere stata venduta come un oggetto: non era più libera, era diventata la proprietà di qualcuno.
Ad aspettarla non c’era un lavoro dignitoso, ma abiti succinti, tacchi vertiginosi e un cellulare con un solo numero registrato: quello del magnaccia. A suon di botte, l’hanno costretta a vendere il suo corpo. Ma lei non voleva prostituirsi, si è ribellata: per dimostrarle che non poteva fare nulla e per piegarla al loro volere, dopo averle strappato i capelli, le sono saltati sopra indossando delle scarpe con i tacchi a spillo, poi le hanno strappato un pezzo di orecchio. Era di loro proprietà, la loro schiava. Nonostante le evidenti ferite, per il dolore a malapena si teneva in piedi, è stata costretta ad andare in strada, doveva guadagnare dei soldi. Ridotta quasi in fin di vita è stata avvicinata da un “cliente” che voleva comprare il suo corpo. Nonostante le torture, il dolore, l’umiliazione, la dignità rubata, ha sempre sperato che qualcuno potesse salvarla. L’hanno trovata due carabinieri, mezza morta sul ciglio della strada e poi, in ospedale ha incontrato la Comunità Papa Giovanni XXIII. Dopo essere guarita e aver recuperato le forze, ha trovato un vero lavoro ed è serena: è riuscita a riscattare la sua vita.
Santa Giuseppina Bakhita
La sua storia ricorda per alcuni tratti quella di santa Giuseppina Bakhita, sudanese, rapita e venduta più volte. Un’esperienza traumatica che le fa dimenticare anche il suo vero nome: sono i suoi rapitori che la chiameranno Bakhita. Da schiava ha avuto sei padroni, uno dei quali l’ha sottoposta a una terribile tortura dalla quale si è salvata per miracolo. La sua prigionia finisce quando un console italiano che la porta in Italia. E’ qui che conosce le suore Canossiane e diventa una loro. Chiamata con affetto “Madre Moretta”, torna nelle braccia del Signore l’8 febbraio 1947. Giovanni Paolo II la canonizza nel 2000 e la proclama “Sorella universale”.
La giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta
La Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione Contro la Tratta di Persone si svolge ogni anno l’8 febbraio, giornata in cui si celebra la memoria liturgica di Santa Bakhita, la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere rapita e fatta schiava e divenuta il simbolo universale dell’impegno della Chiesa contro la tratta. La giornata è promossa dalle Unioni Internazionali delle Superiori e dei Superiori Generali. La prima edizione della giornata si è svolta nel 2015 per volontà di Papa Francesco. Nel 2015 in tutto il mondo si sono accese 2312 luci contro la tratta, in 154 paesi.
L’edizione del 2022
Giunta alla sua ottava edizione, quest’anno la giornata ha come tema “La forza della cura – donne, economia e tratta di persone”. L’argomento è stato scelto in continuità con quello del 2021 quando si sono voluti accendere dei riflettori su una delle principali cause della tratta di persone: il modello economico dominante, i cui limiti e contraddizioni sono stati notevolmente ingigantiti dalla pandemia di Covid-19.
L’edizione 2022 propone di mettere al centro le donne. Sono loro, infatti, ad essere maggiormente colpite dalla violenza della tratta. Allo stesso tempo, hanno un ruolo fondamentale e importante nel processo di trasformazione dell’economia di sfruttamento in un’economia della cura. In questa giornata ci sarà una maratona di preghiera che coinvolgerà tutto il mondo, dall’Oceania alle Americhe, e sarà trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube della Giornata mondiale con traduzioni in cinque lingue.
Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù
La lotta alla tratta degli esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione schiavizzata sono temi che stanno particolarmente a cuore a Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato. “Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme. Liberare queste povere schiave è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà”, ha scritto Papa Francesco nella prefazione al libro “Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada”, scritto da don Aldo Buonaiuto (edizioni Rubbettino, 2019).
E lui quelle schiave le ha incontrate, ha pregato con loro, ha stretto le loro mani e asciugato le loro lacrime. Il 12 agosto 2016, in occasione della sua iniziativa giubilare “Venerdì della Misericordia”, il Santo Padre si è recato in visita a sorpresa a venti ragazze salvate dalla tratta della prostituzione schiavizzata, accolte dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. “Io vi chiedo perdono per tutti i cristiani, i cattolici che hanno abusato di voi e anche perdono da parte mia di non aver pregato tanto per voi e per questa schiavitù. Perdono per una società che non capisce. Perdono per i governanti che se ne infischiano di questo. Per il Signore ognuna di voi è importante, per Dio ognuna di voi che ha sofferto, e voi avete sofferto sulla croce, ha la faccia del suo Figlio sofferente. Vi chiedo perdono per i credenti, i cristiani che vi hanno abusato e vi dico di guardare avanti. Guardate avanti, davanti a voi c’è l’orizzonte, la speranza. Il Signore vi ha fatto sentire quella parola, quella domanda ‘quanto soffri?’. Il Signore con questi fratelli e sorelle che lavorano vi ha aiutato. Grazie del coraggio che avete avuto. Grazie di guardare la vita con speranza e pregate per me perché io possa dire le cose giuste e dare le bastonate giuste. Grazie tante”, ha detto a quelle giovani donne.
Non ha solo pregato per queste ragazze che gli hanno dato “l’opportunità per rivivere le ferite di Cristo”, come scrive ancora nella prefazione del libro di don Buonaiuto, ma il Pontefice per loro ha voluto compiere anche un gesto concreto: ha permesso, finanziandolo, la ristrutturazione e l’ampliamento di una casa rifugio dell’Apg23, fondata dal Servo don Oreste Benzi, che accoglie le ragazze salvate dal racket della prostituzione coatta.
Sconfiggere la tratta: non una responsabilità solo religiosa ma di tutta la società
Le vittime della tratta sono le persone più vulnerabili, le donne ridotte alla schiavitù della prostituzione e i bambini che scompaiono nel traffico di minori e nel lavoro minorile. Un fenomeno transnazionale, un’emergenza planetaria che deve interpellare la coscienza di ogni uomo o donna, non solo del mondo religioso. Bisogna partire dalle scuole, educare i giovani al rispetto dell’altro, far capire che dobbiamo schierarci al fianco di quanti subiscono soprusi e torture e sono privati della loro libertà e dignità. Mi piace concludere con una frase pronunciata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del discorso di insediamento dopo la rielezione come capo dello Stato: “E’ la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani“.