Le tecnologie che producono emissioni climalteranti o che pongono gravi rischi ambientali, come quelle nucleari, non possono essere considerate “verdi” e tanto meno “sostenibili”, non ci vuole molto a capirlo.
Eppure la Commissione europea ha ceduto alle convenienze di alcuni Stati membri e alle pressioni delle fortissime lobby fossili.
Per questo il Wwf e altre organizzazioni stanno collaborando con ClientEarth, un’associazione con approccio legale alle questioni ambientali, per presentare ricorso contro questa grave distorsione della Tassonomia europea. Anche alcuni Stati dell’Unione si stanno mobilitando.
LA BEFFA DEI FINTI PROGRESSI SUL NUCLEARE
In Finlandia la centrale di Olkiluoto ha un nuovo potentissimo reattore di terza generazione, ultimato dalla francese Areva con 12 anni di ritardo e con costi triplicati rispetto a quelli stimati. Dovrebbe provvedere il 14% del fabbisogno energetico del Paese, ma non è ancora pienamente operativa. Lo stesso dicasi per la costruzione del reattore Erp nella centrale nucleare di Flamanville, in Francia: sconta un ritardo di oltre 10 anni e un costo già quadruplo rispetto a quello preventivato.
Pertanto, i reattori nucleari non costituiscono la soluzione per fronteggiare la grave carenza energetica che attanaglia attualmente l’Europa e continuano a porre rischi di contaminazione ambientale. Anche i “microreattori” moltiplicano i problemi, sia di sicurezza sia di smaltimento delle scorie, e i costi rimangono un enigma. Quando la fusione nucleare sarà una realtà la valuteremo, ma al momento non ci sono vere novità all’orizzonte e le centrali nucleari non sono affatto rispettose né dell’ambiente né della sicurezza, e per di più sono antieconomiche, come dimostra la crisi in atto in Francia del gigante Edf.
DUE SOLUZIONI CONCRETE
La grave crisi energetica che già minaccia alcuni Paesi dell’Ue può essere fronteggiata se ci convinciamo anzitutto che è possibile ridurre i consumi senza compromettere la qualità della vita. D’inverno, per esempio, basta non pretendere di essere in spiaggia, indossare un maglione, e si può abbassare il termostato. Ovviamente, affinché il risparmio sia consistente ogni persona deve fare la sua parte e allora dobbiamo riscoprire quello spirito di collaborazione e solidarietà che rende realizzabile la transizione: l’individualismo dilagante è il problema.
L’altra opzione, realizzabile nei prossimi anni, è potenziare subito l’energia da fonti rinnovabili: alcuni operatori ritengono che in tre anni si possano installare 60 GW di nuova capacità. Ovviamente, questa possibilità diventa realtà soltanto se si semplifica il quadro normativo e si danno segnali politici non equivoci.
NODI DA SCIOGLIERE
In Italia la giungla di norme e decreti complica oltremodo l’attuazione di progetti fotovoltaici ed eolici perché spesso un decreto interviene a limitare quanto reso possibile da un altro. Basti pensare che il decreto “Energia” n. 17/2022, convertito in legge n. 34/2022 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 aprile 2022, permette di installare pannelli fotovoltaici e termici anche nei centri storici, ma non è affatto chiaro quali siano gli immobili che non usufruiscono della deroga e che devono chiedere le autorizzazioni della Soprintendenza delle Belle Arti. A quanto pare, il Ministero dei Beni Culturali avrebbe un elenco, ma non è pubblico: questo è un modo di porre barriere inutili e dannose per cittadini e cittadine.
I ritardi si accumulano anche a causa delle Regioni, che non hanno ancora individuato le aree idonee per realizzare impianti eolici e fotovoltaici con corsie preferenziali. Generalmente sono siti degradati o non utilizzabili per coltivazione o altri scopi di pubblica utilità. Definire la pianificazione dello spazio marittimo è un prerequisito per realizzare parchi eolici offshore (in mare), ma finora poche Regioni, tra cui la Regione Lazio, hanno avviato la pianificazione di tale spazio. La priorità assoluta è definire le “aree idonee” per poter installare in tempi brevi impianti solari ed eolici per la produzione di energia.
Prima della crisi energetica, la scelta era stata quella di favorire gli investimenti nelle centrali a gas, attraverso un complesso meccanismo (il capacity market) che finiva per incentivare la costruzione di nuove centrali, una scelta miope anche prima che i prezzi del gas naturale andassero alle stelle. In Sardegna, per esempio, dove si potrebbe fare direttamente un salto dal carbone alle rinnovabili, la Regione insiste nel voler metanizzare l’isola. In vari Paesi è già vietata la vendita e l’installazione delle caldaie a gas, ma in Italia prevalgono ancora interessi che rallentano la transizione.
PARALISI POLITICA ED ENERGIE DI PACE
Nel dicembre 2005, Bill Clinton aveva già affermato alla Cop11 di Montréal la necessità di promuovere un nuovo sistema energetico basato sulle rinnovabili, ma aveva anche preso atto che «quando il vecchio sistema ha tutto il potere, per il nuovo è difficile affermarsi». La paralisi della politica, che ritarda il “nuovo sistema” energetico, deve comunque fare i conti con la forza intrinseca e irrefrenabile delle fonti rinnovabili: nessun Paese possiede il vento e il sole e, pertanto, non può usarli come strumento di ricatto.
Da qui il rapporto del Wwf pubblicato il 26 marzo scorso che è intitolato Rinnovabili, energie per la pace. Oggi il ruolo delle rinnovabili nel favorire un’energia più diffusa, e quindi condizioni meno favorevoli ai conflitti, è riconosciuto anche dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, e da tanti altri. Si spera proprio che la paralisi politica che continua a finanziare il “vecchio sistema” di gas e petrolio sia destinata a finire.
TENSIONI DA DEPOTENZIARE
Le attuali tensioni geopolitiche pesano molto sull’orizzonte mondiale: il G7 che si è svolto a fine giugno in Germania doveva approfondire la questione climatica ma si è concentrato sulla crisi ucraina. Il G20, in programma a Bali in Indonesia il 15-16 novembre 2022, è già condizionato dalle tensioni per la presenza contemporanea dei vari contendenti, tra cui quella possibile del presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin: la crisi ucraina continua a dettare l’agenda.
Eppure la transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili non è soltanto una questione ambientale: aiuta anche a depotenziare le tensioni internazionali. La Cina può evitare di essere dipendente dai combustibili fossili importati, tra cui c’è il gas russo, installando nel solo 2022 una nuova potenza solare di almeno 100 GW, e gli Emirati Arabi Uniti stanno già investendo in modo massiccio nelle rinnovabili, poiché avranno bisogno di grandi quantità di energia per desalinizzare l’acqua e per condizionare gli ambienti quando le temperature potrebbero raggiungere per più giorni all’anno i 50 °C.
“COMUNITÀ” NON SOLO ENERGETICHE
Una scelta politicamente virtuosa è quella delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), che hanno una valenza non soltanto ambientale ma anche sociale: concorrono infatti a ricostituire quei servizi comuni che creano comunità; e non sono importanti da un punto di vista energetico soltanto per privati cittadini e cittadine ma anche per le Piccole e medie imprese (Pmi). Purtroppo, il quadro normativo non è ancora chiaro e mancano i decreti attuativi (i termini sono scaduti).
Dobbiamo dotarci anche di una filiera industriale nazionale per non subordinare la transizione energetica alle importazioni. Si badi, però, che le finte “guerre commerciali” di dazi e altre barriere con i Paesi asiatici, guarda caso proprio sui pannelli solari, rischiano di rallentare la trasformazione energetica: lo ha capito benissimo il presidente Usa, Joe Biden, che ha già ridimensionato le tariffe esistenti.
ENERGIA SEMPRE PIÙ “SOSTENIBILE”
I progressi tecnologici rendono le fonti solari sempre più sostenibili. Il problema dello smaltimento dei pannelli e delle batterie viene affrontato con risultati sempre più incisivi e promettenti: l’aumento del prezzo dei componenti e la loro carenza sul mercato stanno accelerando pratiche di riciclo e di rigenerazione dei pannelli, che negli anni hanno aumentato molto la loro efficacia e durata, al punto che il fine vita dei pannelli di più recente costruzione non è stato ancora stato raggiunto.
Anche la gestione delle batterie provenienti dalle auto elettriche è molto migliorata: sono in programma megabatterie per accumulare energia rinnovabile composte dalle batterie riciclate delle auto elettriche.
È proprio nella capacità di stoccare energia elettrica, attraverso le batterie e altri sistemi, dai pompaggi agli accumuli elettrochimici, che sta la soluzione del problema dell’intermittenza delle fonti rinnovabili. Quando non ci sarà sole o non ci sarà vento, oltre che poter rivolgerci ad altri impianti in sovrapproduzione attraverso le reti potremo attingere alle riserve: un sistema diverso dall’attuale, ma altrettanto efficiente, specie se coniugato con la rivoluzione digitale in atto.
Le tecnologie che producono emissioni climalteranti o che pongono gravi rischi ambientali, come quelle nucleari, non possono essere considerate
“verdi” e tanto meno “sostenibili”, non ci vuole molto a capirlo.
Eppure la Commissione europea ha ceduto alle convenienze di alcuni Stati membri e alle pressioni delle fortissime lobby fossili.
Per questo il Wwf e altre organizzazioni stanno collaborando con ClientEarth, un’associazione con approccio legale alle questioni ambientali, per presentare ricorso contro questa grave distorsione della Tassonomia europea. Anche alcuni Stati dell’Unione si stanno mobilitando.
LA BEFFA DEI FINTI PROGRESSI SUL NUCLEARE
In Finlandia la centrale di Olkiluoto ha un nuovo potentissimo reattore di terza generazione, ultimato dalla francese Areva con 12 anni di ritardo e con costi triplicati rispetto a quelli stimati. Dovrebbe provvedere il 14% del fabbisogno energetico del Paese, ma non è ancora pienamente operativa. Lo stesso dicasi per la costruzione del reattore Erp nella centrale nucleare di Flamanville, in Francia: sconta un ritardo di oltre 10 anni e un costo già quadruplo rispetto a quello preventivato. Pertanto, i reattori nucleari non costituiscono la soluzione per fronteggiare la grave carenza energetica che attanaglia attualmente l’Europa e continuano a porre rischi di contaminazione ambientale. Anche i “microreattori”** moltiplicano i problemi, sia di sicurezza sia di smaltimento delle scorie, e i costi rimangono un enigma. Quando la fusione nucleare sarà una realtà la valuteremo, ma al momento non ci sono vere novità all’orizzonte e le centrali nucleari non sono affatto rispettose né dell’ambiente né della sicurezza, e per di più sono antieconomiche, come dimostra la crisi in atto in Francia del gigante Edf.
DUE SOLUZIONI CONCRETE
La grave crisi energetica che già minaccia alcuni Paesi dell’Ue può essere fronteggiata se ci convinciamo anzitutto che è possibile ridurre i consumi senza compromettere la qualità della vita. D’inverno, per esempio, basta non pretendere di essere in spiaggia, indossare un maglione, e si può abbassare il termostato. Ovviamente, affinché il risparmio sia consistente ogni persona deve fare la sua parte e allora dobbiamo riscoprire quello spirito di collaborazione e solidarietà che rende realizzabile la transizione: l’individualismo dilagante è il problema.
L’altra opzione, realizzabile nei prossimi anni, è potenziare subito l’energia da fonti rinnovabili: alcuni operatori ritengono che in tre anni si possano installare 60 GW di nuova capacità. Ovviamente, questa possibilità diventa realtà soltanto se si semplifica il quadro normativo e si danno segnali politici non equivoci.
NODI DA SCIOGLIERE
In Italia la giungla di norme e decreti complica oltremodo l’attuazione di progetti fotovoltaici ed eolici perché spesso un decreto interviene a limitare quanto reso possibile da un altro. Basti pensare che il decreto “Energia” n. 17/2022, convertito in legge n. 34/2022 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 aprile 2022, permette di installare pannelli fotovoltaici e termici anche nei centri storici, ma non è affatto chiaro quali siano gli immobili che non usufruiscono della deroga e che devono chiedere le autorizzazioni della Soprintendenza delle Belle Arti. A quanto pare, il Ministero dei Beni Culturali avrebbe un elenco, ma non è pubblico: questo è un modo di porre barriere inutili e dannose per cittadini e cittadine.
I ritardi si accumulano anche a causa delle Regioni, che non hanno ancora individuato le aree idonee per realizzare impianti eolici e fotovoltaici con corsie preferenziali. Generalmente sono siti degradati o non utilizzabili per coltivazione o altri scopi di pubblica utilità. Definire la pianificazione dello spazio marittimo è un prerequisito per realizzare parchi eolici offshore (in mare), ma finora poche Regioni, tra cui la Regione Lazio, hanno avviato la pianificazione di tale spazio. La priorità assoluta è definire le “aree idonee” per poter installare in tempi brevi impianti solari ed eolici per la produzione di energia.
Prima della crisi energetica, la scelta era stata quella di favorire gli investimenti nelle centrali a gas, attraverso un complesso meccanismo (il capacity market) che finiva per incentivare la costruzione di nuove centrali, una scelta miope anche prima che i prezzi del gas naturale andassero alle stelle. In Sardegna, per esempio, dove si potrebbe fare direttamente un salto dal carbone alle rinnovabili, la Regione insiste nel voler metanizzare l’isola. In vari Paesi è già vietata la vendita e l’installazione delle caldaie a gas, ma in Italia prevalgono ancora interessi che rallentano la transizione.
PARALISI POLITICA ED ENERGIE DI PACE
Nel dicembre 2005, Bill Clinton aveva già affermato alla Cop11 di Montréal la necessità di promuovere un nuovo sistema energetico basato sulle rinnovabili, ma aveva anche preso atto che «quando il vecchio sistema ha tutto il potere, per il nuovo è difficile affermarsi». La paralisi della politica, che ritarda il “nuovo sistema” energetico, deve comunque fare i conti con la forza intrinseca e irrefrenabile delle fonti rinnovabili: nessun Paese possiede il vento e il sole e, pertanto, non può usarli come strumento di ricatto. Da qui il rapporto del Wwf pubblicato il 26 marzo scorso che è intitolato Rinnovabili, energie per la pace. Oggi il ruolo delle rinnovabili nel favorire un’energia più diffusa, e quindi condizioni meno favorevoli ai conflitti, è riconosciuto anche dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, e da tanti altri. Si spera proprio che la paralisi politica che continua a finanziare il “vecchio sistema” di gas e petrolio sia destinata a finire.
TENSIONI DA DEPOTENZIARE
Le attuali tensioni geopolitiche pesano molto sull’orizzonte mondiale: il G7 che si è svolto a fine giugno in Germania doveva approfondire la questione climatica ma si è concentrato sulla crisi ucraina. Il G20, in programma a Bali in Indonesia il 15-16 novembre 2022, è già condizionato dalle tensioni per la presenza contemporanea dei vari contendenti, tra cui quella possibile del presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin: la crisi ucraina continua a dettare l’agenda.
Eppure la transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili non è soltanto una questione ambientale: aiuta anche a depotenziare le tensioni internazionali. La Cina può evitare di essere dipendente dai combustibili fossili importati, tra cui c’è il gas russo, installando nel solo 2022 una nuova potenza solare di almeno 100 GW, e gli Emirati Arabi Uniti stanno già investendo in modo massiccio nelle rinnovabili, poiché avranno bisogno di grandi quantità di energia per desalinizzare l’acqua e per condizionare gli ambienti quando le temperature potrebbero raggiungere per più giorni all’anno i 50 °C.
“COMUNITÀ” NON SOLO ENERGETICHE
Una scelta politicamente virtuosa è quella delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), che hanno una valenza non soltanto ambientale ma anche sociale: concorrono infatti a ricostituire quei servizi comuni che creano comunità; e non sono importanti da un punto di vista energetico soltanto per privati cittadini e cittadine ma anche per le Piccole e medie imprese (Pmi). Purtroppo, il quadro normativo non è ancora chiaro e mancano i decreti attuativi (i termini sono scaduti).
Dobbiamo dotarci anche di una filiera industriale nazionale per non subordinare la transizione energetica alle importazioni. Si badi, però, che le finte “guerre commerciali” di dazi e altre barriere con i Paesi asiatici, guarda caso proprio sui pannelli solari, rischiano di rallentare la trasformazione energetica: lo ha capito benissimo il presidente Usa, Joe Biden, che ha già ridimensionato le tariffe esistenti.
ENERGIA SEMPRE PIÙ “SOSTENIBILE”
I progressi tecnologici rendono le fonti solari sempre più sostenibili. Il problema dello smaltimento dei pannelli e delle batterie viene affrontato con risultati sempre più incisivi e promettenti: l’aumento del prezzo dei componenti e la loro carenza sul mercato stanno accelerando pratiche di riciclo e di rigenerazione dei pannelli, che negli anni hanno aumentato molto la loro efficacia e durata, al punto che il fine vita dei pannelli di più recente costruzione non è stato ancora stato raggiunto.
Anche la gestione delle batterie provenienti dalle auto elettriche è molto migliorata: sono in programma megabatterie per accumulare energia rinnovabile composte dalle batterie riciclate delle auto elettriche.
È proprio nella capacità di stoccare energia elettrica, attraverso le batterie e altri sistemi, dai pompaggi agli accumuli elettrochimici, che sta la soluzione del problema dell’intermittenza delle fonti rinnovabili. Quando non ci sarà sole o non ci sarà vento, oltre che poter rivolgerci ad altri impianti in sovrapproduzione attraverso le reti potremo attingere alle riserve: un sistema diverso dall’attuale, ma altrettanto efficiente, specie se coniugato con la rivoluzione digitale in atto.