Oggi nel mondo «vivono quasi 25 milioni di persone in situazione di lavoro forzato, di cui 16,5 milioni in Asia, 3,4 milioni in Africa, 3,2 milioni in Europa e Asia centrale, 1,3 milioni nelle Americhe e 350mila nei Paesi arabi».
Sono questi gli elementi che emergono dal Dossier con Dati e Testimonianze dal titolo "Per un lavoro dignitoso. Bene comune e diritti in Asia e nel mondo" redatto da Caritas Italiana in vista della 48ª Settimana Sociale dei Cattolici, che si è svolta a Cagliari dal 26 al 28 ottobre.
L’Asia, a cui è dedicato il focus del Dossier, è una delle aree più dinamiche e in via di sviluppo. È un continente estremamente dinamico, ma con degli elementi contraddittori: una veloce crescita economica convive con fenomeni di sfruttamento, crimine e corruzione.
In Asia vive il 60% della popolazione mondiale, un potenziale enorme, cui corrispondono altrettanti problemi: secondo l’Asian Development Bank, vi sono in Asia almeno 500 milioni di lavoratori disoccupati o sotto-occupati, pari a otto o nove volte l’intera popolazione italiana. E, allo stesso tempo, 122 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni sono costretti a lavorare per la propria sopravvivenza.
Ma se oggi cambiano le condizioni in cui il lavoro si sviluppa, i suoi vincoli, le sue prospettive, una cosa, però, non può cambiare: il rispetto della dignità umana e l’orientamento al bene comune.
L’Italia stessa è afflitta da questa piaga, nel documento si legge, per esempio, «il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori stagionali e del caporalato, con un costo per le casse dello Stato, in termini di evasione contributiva, non inferiore ai 600 milioni di euro l’anno». E non vanno dimenticati i 400 mila lavoratori agricoli (dei quali i 3/4 stranieri) «che quotidianamente si mettono nelle mani del caporale di turno pur di fare la giornata».
È fondamentale, oggi più che mai, cogliere la sfida di standard minimi di lavoro per tutte le donne e gli uomini del pianeta, in particolare lottando contro le schiavitù moderne. Che non sono fenomeni del passato ma realtà ancora diffuse.
Un lavoro decente richiede adeguate politiche pubbliche: serve una responsabilità diffusa per una iniziativa privata rispettosa delle persone, ma anche un quadro normativo e iniziative pubbliche che tutelino efficacemente i diritti, soprattutto dei più deboli.
Per un “lavoro degno” è necessario assumere la responsabilità di un percorso che superi le tensioni e raggiunga la realizzazione del diritto dei lavoratori, dell’impresa e del bene comune.