Sembra un quadro, una statua, un simbolo di coraggio.
Testa alta, braccio alzato mentre parla con la folla.
Lei è la resistenza. Lei è Alaa Salah.
Ha 22 anni, studia ingegneria ed è diventata il volto della resistenza delle donne nel suo paese, il Sudan.
Alaa è la nuova icona del femminismo moderno. Con lei la rivolta è donna, in Sudan. Una folla sostenuta da una ragazza vestita di bianco, che a ritmo di trap e al grido di thowra (rivoluzione in arabo) chiede le dimissione del presidente Omar Al Bashir. E lo fa a testa alta.
A scattare la foto che ha fatto il giro del mondo, è stata Lana Haroun a Khartoum, capitale del Sudan. A Globalist, la fotografa di CNN racconta: «Alaa stava provando a dare un po' di speranza e di energia positiva, e ci è riuscita. In quel momento rappresentava tutte le donne e le ragazze sudanesi presenti al sit-in, stava mostrando loro la via. Alaa stava raccontando la storia della donne sudanesi... era perfetta».
Dopo mesi di proteste, entrate nel vivo lo scorso aprile, il presidente del Sudan Omar Al Bashir si è dimesso.
La rivolta è donna, in Sudan, e si realizzata con un sit-in di 6 giorni, che ha radunato migliaia di persone davanti alla sede dell'esercito.
Tutti i membri del governo del Sudan sono stati arrestati: lo conferma la giornalista e presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli, che cita Yassir Arman, già leader del Sudan people liberation movement del Nord e oggi segretario per gli Affari esteri della coalizione Sudan Call, che raggruppa 22 partiti di opposizione.
Ma quali potrebbero essere gli sviluppi? L’esercito – secondo la ricostruzione di Al Arabiya – ha annunciato la formazione di un governo di transizione con la formazione di un consiglio ad interim guidato dal primo vice presidente Awad Ibn.
Coloro che hanno guidato il movimento di protesta, invece, invitano le donne e gli uomini a rimanere ai sit-in finché non ci sarà un governo di transizione civile.
Ormai è chiaro che le rimozioni dei dittatori non portano sempre ad una normalizzazione e alla democrazia. Ma è chiaro anche che le donne sono scese in piazza, stanche di essere messe in secondo piano. Vogliono essere protagoniste, e anche se ci è voluto l’esercito, la rivoluzione è loro.