Si è concluso questa domenica il Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia.
Al consueto briefing conclusivo alcune donne sono state coinvolte per portare la propria testimonianza, erano in 35. Tra loro anche suor Roselei Bertoldo, impegnata in prima linea nella lotta al traffico delle persone attraverso la rete Um grito pela vida (Un grido per la Vita) in Brasile, una delle 44 realtà del network internazionale Talitha Kum.
Questa è la prima volta che le popolazioni indigene hanno voce al Sinodo. Ma soprattutto è la prima volta che le donne delle popolazioni indigene hanno voce in Vaticano. Una presenza che non è solo colore, è la prova di una vita vissuta ventiquattr’ore su ventiquattro in quella terra, non solo guardando, ma agendo.
«Stiamo aprendo un cammino – ha commentato suor Roselei - e l’aspetto positivo riguarda soprattutto le donne indigene che stanno partecipando al sinodo. Questo vuol dire che consegneremo questo cammino alla storia, che il nostro progressivo riconoscimento nella Chiesa è frutto del nostro impegno quotidiano nel portare avanti l’evangelizzazione».
Un processo, quello dell’evangelizzazione, che le donne sostengono attivamente, soprattutto in Amazzonia. Se nella Chiesa non è vietato che le donne abbiano un ruolo attivo, è importante che anche nel processo sinodale non ci si limiti a camminare insieme, ma anche a decidere insieme. Per il loro impegno, per le loro capacità, le donne meritano un ruolo anche decisionale. Per agevolare il cambiamento delle strutture e delle organizzazioni, bisogna iniziare dalle cose più piccole: dalle parrocchie.
Il vescovo Ricardo Ernesto Centellas Guzman, presidente della conferenza episcopale della Bolivia ha fatto l’esempio della sua diocesi: «C’è una vicaria pastorale e il modo in cui chiama a percorrere il cammino pastorale è diverso rispetto al modo in cui potrebbe farlo un uomo: non cerca di imporsi, convoca le persone per ricevere suggerimenti e questo permette alla comunità di essere soggetto sinodale e decisionale. Il modo di percepire la vita, di affrontare i problemi, di far sì che la Chiesa possa camminare in comunità è un approccio completamente diverso».
Quello che è più importante comunicare, tuttavia, è che le donne non possono fare a meno di inserirsi nelle strutture decisionali della Chiesa, ma non con l’intenzionalità di prendere il potere secondo una logica mondana, ma con l’intenzione di promuovere un approccio tutto femminile: uno sguardo diverso sui valori, sui rapporti umani, sulle priorità che dovrebbero guidare l’impegno e la missione sinodale della Chiesa nel mondo attuale.