Martedì, 31 Maggio 2022 19:13

Kassia parole e musica

Anche il silenzio, ben oltre l’ombra, avvolge le donne che stiamo incontrando. Se voci amiche restituiscono corpo e sonorità le cose cambiano: si può ascoltare un Inno di Kassia la Melode riprodotto dal gruppo VocaMe. In questo modo entriamo fisicamente in un flusso di storia, di arte e di preghiera che sfida tante ristrettezze mentali: Kassia (IX secolo) è una donna che compone versi e musica, è testimone di uno dei tanti periodi di conflitti, vive a Costantinopoli (oggi Istanbul) e dunque appartiene all’epoca della Chiesa indivisa, ma nella forma e nell’epoca che chiamiamo Bizantina.

Quanto basta per rimanere fuori dal nostro obiettivo fotografico cancellando un intero continente, come ha osservato la giovane ugandese Vanessa Nekate, rimasta fuori da una foto a Davos nel 2020. Kassia infatti è una figura significativa, tanto che ben 23 componimenti sono accolti, con il suo nome, nella liturgia bizantina: la sua assenza dalla nostra memoria non è deliberata, forse, ma è ugualmente dannosa.

Un aneddoto significativo
Nonostante Kassia sia una figura documentabile, il racconto della sua vita ha anche contorni leggendari, ma non per questo meno significativi, perché ci sono tanti modi per fare la storia. Così si narra che l’imperatrice d’Oriente avesse organizzato una festa – un bride show, lo chiama argutamente una biografa contemporanea – come il ballo di Cenerentola, per scegliere una moglie per il principe: correva l’anno 823.

Neanche a dirlo il giovane è colpito dalla bellezza di Kassia e come primo approccio le offre una mela d’oro, ricordando i guai fatti da Eva e forse anche alludendo ad altre grazie/disgrazie femminili. Lei, pronta, risponde: «Sì, ma dalla donna nascono anche le cose migliori». Prudentemente allora il principe cambia candidata: una donna che risponde a tono, meglio non prenderla proprio in considerazione – «se non cammina a un cenno della tua mano, allontanala» (Sir 25,26).

Dopo la crisi si rialzano i muri
Tra stratagemma e realtà, Kassia evita le nozze reali e fa vita monastica nella capitale, dove suo padre, un alto funzionario, aveva fatto in modo che lei potesse studiare. Conosce il greco, anche nella forma della metrica che serviva per fare poesia, e ha letto molti autori.

Il periodo non è facile, anzi, è in corso una crisi che è insieme politica e religiosa: è conosciuta come “iconoclasmo”, perché il suo apice si concretizza nell’eliminazione delle immagini, appunto, le icone. Nella lunga questione sono implicate molte donne, che sono per lo più dalla parte di coloro che vogliono mantenere le immagini.

Alla fine questa posizione, per la quale si è parlato di un’alleanza fra “donne e monaci”, prevale: ma come per incanto – o meglio, per incantesimo malefico – subito dopo le donne vengono dimenticate dalle cronache e i nemici di un tempo si trovano magicamente d’accordo sulla necessità che le donne stiano più zitte, nelle zone loro riservate.

Donne ch’avete intelletto d’amore
Ovviamente il sistema appena descritto ha molte falle. Kassia per la forza e la bellezza dei suoi componimenti rientra nella “foto”, anzi, nel luogo più sacro: l’ambito liturgico. Con delicatezza e sobrietà compone sulla Madre di Dio, sulle sante Barbara e Cristina, sul Battista. Scrive delle donne dei Vangeli e della Misericordia che si riversa su tutte e tutti: i suoi troparia vengono cantati anche nella Settimana Santa, a dire che quello spazio femminile non è invidioso: la grazia si riversa oltre misura su ogni vivente, al di là di ogni meschinità.

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