Nel 2021 ha vinto il Whitley Gold Award, una sorta di Premio Oscar della natura, massimo riconoscimento internazionale dedicato agli ambientalisti che si battono per proteggere la fauna selvatica e gli ecosistemi nei rispettivi Paesi d’origine. L’ennesimo prestigioso attestato da aggiungere alla sua bacheca personale. Ma forse la gratificazione più grande per la keniana Paula Kahumbu sono i 25 milioni di connazionali che la seguono in televisione, dove illustra le bellezze di parchi e riserve, svela i segreti degli animali e dei loro habitat, invita la popolazione a visitarli e a proteggerli. «Perché la salvaguardia del nostro patrimonio naturale passa dall’educazione delle persone, specie dei più giovani – dice convinta –. È importante far crescere la consapevolezza che ognuno di noi può contribuire a vincere questa battaglia».
Star della tivù
Ambientalista e ricercatrice, 55 anni, Paula Kahumbu, è la conduttrice di un celebre programma televisivo, Wildlife Warriors (“Guerrieri della fauna selvatica”), molto seguito in Kenya e nel resto del continente, prodotto dall’organizzazione benefica WildlifeDirect, di cui è amministratrice delegata. Allieva di uno dei più noti ambientalisti keniani, Richard Leakey, si è dottorata in ecologia alla Princeton University con una ricerca sugli elefanti delle coste keniane. Rientrata in patria, ha lanciato la campagna “Hands Off Our Elephants” (sostenuta anche dalla First Lady Margaret Kenyatta) per difendere i pachidermi minacciati dai bracconieri.
Grazie alle attività di prevenzione, controllo e repressione messe in atto assieme alle autorità governative, in cinque anni il numero degli animali rimasti vittima dei trafficanti di avorio è crollato dell’80%. «Ma molto resta da fare», avverte Paula Kahumbu, diventata un volto popolare e amatissimo del piccolo schermo, capace coi suoi interventi di sensibilizzare e mobilitare milioni di spettatori. Gli accorati appelli di WildlifeDirect per la difesa della fauna selvatica convinsero nel 2009 le autorità di Nairobi a vietare il pesticida Furudan, che veniva usato nelle colture vicino alla riserva nazionale Masai Mara, responsabile della morte per avvelenamento di decine di leoni.
Informare e difendere
Le recenti denunce dell’organizzazione ambientalista – rilanciate in tivù da Paula – hanno fatto conoscere all’opinione pubblica la minaccia dei trafficanti e delle milizie armate contro i gorilla nel Parco Nazionale di Virunga nella Repubblica Democratica del Congo e la difficile situazione dell’area di conservazione Mara, in Kenya, rimasta senza turisti e risorse a causa della pandemia e pertanto diventata più vulnerabile alle incursioni dei cacciatori di frodo. «Gli ambienti naturali coi loro animali sono fragili e vanno protetti dall’avidità dell’uomo», fa notare la conduttrice di Wildlife Warriors.
I colossi dell’agrobusiness e dell’allevamento intensivo sono in cerca di terre su cui espandere le proprie fattorie e piantagioni industriali. Anche il boom edilizio, l’esplosione delle città e i nuovi cantieri infrastrutturali insidiando con le loro colate di cemento aree naturali di straordinaria biodiversità. «La tutela legale è indispensabile per far rispettare i diritti contro gli speculatori – argomenta Paula Kahumbu –. Ma il coinvolgimento della cittadinanza è fondamentale per presidiare il territorio». Non a caso la sua trasmissione è dedicata agli “eroi” dell’ambiente, persone semplici, appartenenti a comunità spesso remote, che nel loro piccolo riescono a dare un grande contributo. Che si tratti di un pastore masai o un pescatore luo o contadino kikuyu, Paula Kahumbu fa conoscere al mondo la loro battaglia quotidiana per la difesa dell’ambiente.
Un documentario rivoluzionario
I documentari naturalistici del National Geographic sono meravigliosi. Anche le produzioni della Bbc hanno una qualità che lascia a bocca aperta. E che dire dei docufilm sulla vita degli animali trasmessi in streaming su Netflix? Capolavori premiati con gli Oscar e ammirati da decine di milioni di spettatori. Negli ultimi dieci anni il documentario – un genere di programma che tanti credevano démodé – ha saputo reinventarsi e acquisire nuovo appeal. Il racconto televisivo è diventato più accattivante e coinvolgente. E la qualità delle riprese ha raggiunto livelli impressionanti, grazie alla tecnologia che oggi permette di portare il nostro sguardo nei luoghi più impensabili, tanto da darci la sensazione di vivere in mezzo alla fauna selvatica.
Ciò che non è cambiato nel tempo è il dominio assoluto dell’Occidente: la quasi totalità dei produttori e dei conduttori televisivi specializzati nella divulgazione scientifica e naturalistica è composta da europei o statunitensi. «Ciò dà l’impressione che i temi della salvaguardia ambientale siano appannaggio esclusivo dei bianchi», fa notare Patrick, un ranger congolese del Parco dei Virunga. «Ma è una percezione sbagliata, perché la conoscenza e la tutela del patrimonio naturale interessano anche a noi africani ed è giunto il momento che anche sui media se ne cominci a parlare». Paula Kahumbu, eroina africana della protezione e della divulgazione della natura, incarna l’immagine di un continente che non è spettatore passivo ma protagonista delle battaglie ambientali. Il suo programma televisivo, Wildlife Warriors, lanciato nella primavera del 2019, è la prima serie africana di successo di documentari naturalistici. Prodotto da WildlifeDirect, girato e montato dalla casa di produzione Vivid Features di Nairobi, il programma mette in luce gli eroi della conservazione dell’Africa che stanno combattendo coraggiose battaglie, rischiando spesso la vita per preservare l’ambiente e la fauna selvatica (tartarughe, elefanti, serpenti, rinoceronti, zebre, faraone, leoni, leopardi, scimmie colobi).
I primi tredici episodi hanno conquistato il pubblico keniano e oggi stanno avendo un successo planetario: per vedere la serie, visita la pagina YouTube di Wildlife Warriors.