La sensazione è quella di essere catapultati all'interno di un romanzo di Margaret Atwood, invece ci troviamo esattamente nella cruda e drammatica realtà: in seguito alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di revocare la sentenza del 1973 sul diritto all'aborto, tredici stati americani lo hanno immediatamente dichiarato illegale.
Le cittadine di Arkansas, Idaho, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Missouri, North e South Dakota, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah e Wyoming si sono viste sottrarre un diritto fondamentale, un diritto che era stato guadagnato con sudore e sangue dalle donne del passato.
Non perde tempo il procuratore generale del Texas Ken Paxton, che chiarisce che le strutture che offrono le interruzioni di gravidanza possono essere considerate «responsabili penalmente a partire da oggi».
Come se non bastassero le innumerevoli guerre nel mondo, come se non bastasse la minaccia della crisi alimentare globale, come se la situazione ambientale non dovesse essere al primo posto, un salto all'indietro nel tempo di circa cinquant'anni nella storia dei diritti delle donne è l'ennesimo campanello d'allarme: il pianeta sta avanzando, ma lo sta facendo nel verso sbagliato.
Se un quarto degli stati che compongono la federazione americana, da sempre considerata il modello occidentale per antonomasia, hanno preso questa sconcertante decisione, dobbiamo temere che il resto dei Paesi occidentalizzati li segua a ruota? In tutto il mondo c'è ancora parecchia strada da fare per i diritti delle donne. Una regressione così netta è un vero colpo basso, sia per le donne che in passato hanno lottato per i diritti di cui godiamo oggi, sia per le donne (e per gli uomini!) che oggi subiscono le conseguenze di questa scelta. Che sia un'altra decisione presa dagli uomini?
Siamo tutti consapevoli del fatto che il mondo è composto quasi in egual misura da donne e da uomini, ma a governarlo sono per la maggior parte questi ultimi e le poche donne che ricoprono ruoli di rilievo lo devono fare sottostando alle leggi e ai modelli da loro creati.
Una voce si leva dalle Nazioni Unite, che hanno dichiarato il 24 giugno Giornata Internazionale delle donne nella diplomazia, per sottolineare quanto la partecipazione delle donne sia fondamentale per la pace e la democrazia, essenziale per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile.
Non è troppo tardi per invertire il senso di marcia. Un mondo equamente governato potrebbe essere il cambio di rotta di cui abbiamo bisogno.