Donna, madre, laica, scrittrice, pedagogista. Nel tentativo di definire Dhuoda, evidenziando alcuni aspetti della sua persona e della sua esistenza, sembra che nessuno di essi riesca a cogliere pienamente la complessità della sua figura. Una donna che emerge dall’ombra scrivendo in latino un testo ricco di richiami alle Sacre Scritture, ad autori classici e alla simbologia matematica. Dai libri di cui dispone all’interno della propria biblioteca, dalla Bibbia e dai Padri della Chiesa, Dhuoda trae indicazioni per il comportamento e l’educazione dei figli Guglielmo e Bernardo, intersecando tra le pagine del suo Liber manualis, uno dei primi trattati di pedagogia dell’epoca, la dimensione religiosa-spirituale con la prospettiva terrena e mondana.
L’autrice costruisce in questo modo una spiritualità laica che non pone in opposizione il mondo e Dio ma arriva a delineare e a definire un modo di vedere la vita in cui esperienza politica, esperienza religiosa ed esperienza intellettuale costituiscono un’unità.
SAPERE, SPIRITUALITÀ ED EDUCAZIONE
Il Manuale (Liber manualis), scritto tra l’841 e l’843 d.C., indirizzato al figlio Guglielmo, sfugge anch’esso a ogni rigida categorizzazione e può rivendicare una sua assoluta originalità.
Si tratta di un manuale indirizzato a un giovane uomo – come raccontato dalla stessa autrice, Guglielmo era nato nell’826 – e dovrebbe rientrare nel genere letterario degli “specchi”, specula, guide di educazione e morale generalmente scritte da chierici. Il libro di Dhuoda, scritto da una donna laica, conquista così un posto esclusivo, rappresentando un unicum nella letteratura altomedievale. Un libro che diventa anche opera autobiografica e testamento spirituale.
UNA FAMIGLIA DIFFICILE
La cornice storico-culturale è quella delle intricate vicende politiche e di lotta per il potere dell’Impero carolingio avvenute nella prima metà del IX secolo, dopo la morte di Carlo Magno. Dhuoda stessa è di origine aristocratica, forse proveniente da una famiglia collegata alla dinastia carolingia e, nel giugno 824, sposa Bernardo, figlio di un cugino dello stesso Carlo Magno. Si stabilisce a Uzès, capoluogo di una contea della Marca di Gotia.
Nel Manuale ritroviamo la drammaticità delle vicende del tempo, la frustrazione e l’angoscia sperimentate per la separazione dal figlio Guglielmo che il padre Bernardo aveva affidato a Carlo il Calvo, dopo essersi riconciliato con lui. Anche il secondogenito, Bernardo, le viene sottratto, ancora prima del battesimo, quando il padre, che si trova in Aquitania, domanda al vescovo di Uzès di avere con sé il piccolo.
FRAGILITÀ E AUTOREVOLEZZA
Dhuoda fa dialogare tra loro cielo e terra, vita spirituale e vita pubblica, la grandezza di Dio e l’umana fragilità, virtù teologali, beatitudini, doni dello Spirito Santo e quotidianità, vita ultraterrena e vita di corte. In più di un’occasione, l’autrice non esita a sottolineare la propria fragilità, ma al contempo attinge con sicurezza e libertà alla propria conoscenza e cultura, anche scritturale, in un modo del tutto unico e personale, esprimendo con parole autorevoli la propria visione della vita, in cui gli ambiti politico, spirituale ed intellettuale si unificano.