In Italia, l’impresa multiculturale è donna. Basti pensare che il 9.3% delle imprese femminili sono gestite da donne immigrate, mentre quelle gestite da uomini, nell’imprenditoria maschile, sono circa l’8.5. Tra i settori più produttivi ci sono quello della moda e della ristorazione.
I dati, rilevati dal Rapporto ImpresaInGenere, realizzato da Unioncamere, dimostrano che le donne che si mettono in proprio nella nostra Penisola non sono solo più multietniche, ma anche più dinamiche, più innovative e più giovani (quasi 14 imprese femminili su 100 sono guidate da donne con meno di 35 anni, a fronte delle circa 10 su 100 tra le imprese maschili).
Un ottimismo multiculturale che non può passare inosservato e che dà credito alle ultime dichiarazioni presidente dell'Inps, Tito Boeri. Gli esempi concreti si vedono passeggiando per le vie delle città italiane, fino ad arrivare a Roma ai MoneyGram Awards. Il premio, dedicato alle imprenditrici e agli imprenditori immigrati in Italia che si distinguono nella gestione della propria impresa, ogni anno vede moltissime donne finaliste per una rosa che fa letteralmente il giro del mondo.
La vincitrice assoluta è Yafreisy Berenice Brown Omage, 25enne di origini dominicane, proprietaria di un supermercato con un panificio annesso. Dopo molte difficoltà, tra le quali un’ordinanza di chiusura a causa di alcuni lavori non portati a termine dai precedenti proprietari, ha rimesso in sesto la sua attività contando ad oggi sulla collaborazione di 15 dipendenti.
Mentre Nelly Roxana Rondan Lira, proprietaria di un ristorante peruviano, si aggiudica il premio Responsabilità Sociale non solo per la sua cucina, ma per l’impegno che mette ogni giorno da 10 anni nell’insegnamento della cucina etnica ai ragazzi del carcere minorile.
Tra le finaliste, anche Lea Zanoelina Ratsimbazafy di origini malgasce. Con una laurea in ingegneria chimica in tasca, è arrivata a Guidonia Montecelio (Roma) nel 2001 e vi ha portato i colori africani: la sua impresa artigianale crea vestiti femminili e per bambini utilizzando cotoni e sete italiani o del Madagascar, da dove le sue sei sorelle sarte collaborano con lei confezionando abiti su misura.
Un concorso che premia il coraggio e la speranza, l’iniziativa di lavoratori e lavoratrici che arrivano in Italia, e i Europa, non per “rubarci il lavoro”, ma per realizzarsi, e così facendolo creare nuove e maggiori opportunità per tutti.