La prima persona ad aver abbracciato l’islàm è stata una donna, Khadìja e, alla morte del profeta Muh.ammad, una donna, ‘A¯’isha, divenne il principale punto di riferimento per i musulmani in materia religiosa, tanto che uomini e donne si rivolgevano a lei per dirimere molte questioni.
La prima università costruita nel IX secolo in terra d’islàm è dovuta a una donna, Fatima al-Fihriya, che pochi musulmani conoscono. L’Università di Al-Azhar in Egitto, da cui sono uscite generazioni di sapienti musulmani, fu edificata da una donna, Al-Khanzidàrà.
Credenze oppressive
Purtroppo, nonostante i chiari insegnamenti del Corano e degli ah.a¯di¯t¯, ovvero i detti, del profeta Muh.ammad, ci sono ancora oggi – nel mondo islamico – tante realtà in cui le donne devono battersi per i loro diritti. Sono situazioni dovute a mentalità, abitudini e tradizioni nelle quali la religione stessa viene strumentalizzata.
Con la diffusione dell’islàm, ci furono pratiche, credenze e consuetudini pre-islamiche che per ignoranza vennero attribuite all’islàm stesso. Alcune di quelle credenze relegavano la donna ai margini.
Ciononostante, numerose sono state le donne che ebbero la possibilità di istruirsi e di istruire, comunque appartenenti alle classi più alte della società.
Prassi di oggi
Tawakkul Karman, musulmana praticante, nel 2011 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace con altre due donne «per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell’opera di costruzione della pace». Karman, avvocata e giornalista yemenita, madre di tre figli, aderente al partito politico Raggruppamento yemenita per la riforma e presidente dell’associazione Giornaliste senza catene, è stata più volte arrestata durante le manifestazioni pacifiche.
Il Nobel è un riconoscimento internazionale del suo impegno per la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli che chiedono libertà e dignità, e lo considero anche un riconoscimento all’impegno di tutte le donne musulmane che protestano pacificamente, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria e in altre parti del mondo per libertà, dignità e democrazia. Durante la Primavera araba le donne sono sempre state in prima fila, insieme agli uomini, pagando anche con la loro stessa vita. Spesso sono state loro le organizzatrici delle proteste, e la storia ne sarà testimone.
Uno sguardo all’Italia
Oggi è in aumento il numero di giovani donne musulmane cresciute in questo Paese, che, a differenza delle loro madri, conoscono bene la lingua e la cultura italiana. Molte di loro sono praticanti, portano il velo, hanno titoli di studio universitari e sono attive nel volontariato e nell’associazionismo. Alcune di loro dichiarano di non aver mai subito alcun tipo di discriminazione, altre invece hanno storie di vera e propria islamofobia da raccontare.
Già nel 2003 la “prima generazione” di donne musulmane residenti in Italia aveva costituito l’Associazione donne musulmane d’Italia (Admi), cofondatrice nel 2006 dell’European Forum of Muslim Women (Efomw), che da Bruxelles mette in rete le associazioni di donne musulmane europee e promuove i loro diritti.*
Nel corso degli anni l’Admi ha organizzato incontri pubblici e dibattiti su questioni che riguardano le donne musulmane, i loro diritti, la loro integrazione e interazione con la società italiana.
L’Efomw partecipa a campagne di sensibilizzazione sui diritti di tutte le donne, la cittadinanza, il dialogo interculturale e interreligioso e la violenza contro le donne: i femminicidi, infatti, non hanno religione.
Prospettive
L’Efomw ha promosso la ricerca di una docente universitaria, Maryam Atiya, che ha pubblicato un libro interessante: Falsi ah.a¯d¯t¯ sulla donna. Gli ah.a¯d¯t¯ sono la seconda fonte dei principi dell’islàm.