Sono 70 donne giudici, avvocatesse e procuratrici. Arrivano da Angola, Benin, Botswana, Capo Verde, Etiopia, Ghana, Kenia, Malawi, Marocco, Mozambico, Niger, Nigeria, Senagal, Sierra Leone, Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia, ma anche da Pakistan e Stati Uniti.
Lo scorso 12 e 13 dicembre erano in Vaticano, nella sede della Pontificia Accademia della Scienze, per partecipare al summit contro la tratta degli esseri umani. Per condividere esperienze e studiare strategie in grado di arginare questa piaga moderna e aiutare le vittime a vivere una nuova vita sociale.
Sin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha chiesto all’Accademia di occuparsi e studiare la questione del traffico di esseri umani per sviluppare reti in grado di contrastarla. Il convegno di quest’anno, seguito naturale dell’incontro del 9 e 10 novembre 2017, ha puntato sui problemi specifici del continente africano. Le vittime di tratta ogni anno sono 50 milioni e una grande maggioranza proviene dall’Africa.
Culla dell’essere umano, l’Africa oggi è il continente più promettente per il futuro dell’umanità a causa della sua ricchezza naturale e umana. Secondo Paolo VI, “lo sviluppo è il nuovo nome per la pace” e il suo conseguimento è sostanzialmente legato ai valori della dignità della persona, della giustizia e dell’amore.
Valori che devono essere difesi tanto dalla Chiesa quanto dallo Stato e dall’opinione pubblica. Spesso il tema della tratta è affrontato in modo superficiale e generico, per questo è importante focalizzare l’attenzione sulla dramma che ne consegue. Oggi, dopol’abolizione della protezione umanitaria, ancora di più, sia in Italia che in Africa.
Proprio a questo proposto, lo scorso 14 novembre è stato presentato in Senato il documentario How much. Realizzato da Antonio Guadalupi, racconta di donne che subiscono venti o trenta stupri in un solo giorno nei centri di detenzione in Libia; di viaggi nel deserto dove si muore abbandonati o perché semplicemente ti uccidono i tuoi aguzzini. Di un gommone con oltre 150 persone a bordo che si rovescia e se ne salvano solo 20, di una madre con cinque figli che ne vede annegare tre. Parla delle donne che, una volta arrivate in Italia, subiscono la schiavitù dei gruppi criminali e la prostituzione in strada, dove sono vendute per poche decine di euro a italiani, cristiani e “padri di famiglia”. Storie terribili, che colpiscono duro. Le raccontano in prima persona le ragazze nigeriane che le hanno vissute: il documentario infatti è «pensato per le donne nigeriane, per far capire cosa è la tratta, cosa ci si trova ad affrontare», spiega l’autore.
Realizzato senza scopo di lucro e liberamente scaricabile da Vimeo, il documentario è e a disposizione di chiunque voglia combattere la tratta; è stato trasmesso da alcuni network nigeriani e allo Spin Time Labs di Roma, lo spazio sociale che vorrebbe diventare uno sportello anti-tratta e anti-violenza grazie alla collaborazione tra persone, saperi e associazioni come quelle cattoliche e la Onlus ‘Slaves no more’ di Suor Eugenia Bonetti.