Nel secondo capitolo dell’enciclica Fratelli tutti papa Francesco afferma: «Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della Terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano». La risposta teologica ed ecologica alla “cultura dello scarto” è la cura, che è anche la cifra della missione delle religiose nel mondo.
Attenzione crescente...
L’impegno della Uisg sul tema della cura non è nuovo, ma dopo l’emersione pubblica di numerosi casi di abusi di ogni forma e tipo l’interesse è maturato nella sua visione e missione. La Uisg ha preso subito posizione contro ogni potere che umilia la dignità della vittima, e anche del suo carnefice, avviando per le congregazioni religiose dei progetti specifici di tutela di minori e di adulti vulnerabili* e promuovendo iniziative di riflessione e formazione per diffondere la cultura della cura come attitudine personale e comunitaria volta a prevenire ogni forma di abuso.
… a partire dalle proprie ferite
Durante un recente webinar sul tema della cura, ci siamo chieste: «Se fossi io la straniera abbandonata per strada, di cosa avrei bisogno? Mi lascerei aiutare dal mio prossimo?».
A partire da queste domande, la biblista egiziana Samira Youssef Habil Sidarous ci ha accompagnate in un percorso di contemplazione: «La parabola presa in esame ci dà luce per comprendere come farsi prossime anzitutto della propria interiorità ferita. In realtà, ciascuna persona porta dentro di sé una parte bella e un’altra bisognosa di cura. Quando perdiamo l’equilibrio tra le due parti viviamo come “mezze morte”, come ci racconta la parabola. Incorriamo nel pericolo di lasciarci morire mentre siamo in vita, perché trascuriamo la nostra parte vulnerabile. Quando, invece, ci prendiamo cura delle nostre ferite, allora siamo capaci di comprendere e curare anche la vulnerabilità altrui, e diventiamo credibili».
Energia risonante
Nella vita consacrata possiamo incorrere nel rischio di ignorare noi stesse perché siamo primariamente focalizzate sul bene dell’altro e dell’altra. È invece necessario mettere in campo tutte le potenzialità dell’intelligenza emotiva verso di noi e verso l’altro, l’altra, perché le emozioni sono potenti fonti di informazione sui nostri desideri profondi e su quelli altrui. Noi persone (per-sonare) risuoniamo di energia e comunichiamo scambiandoci risonanze e vibrazioni, che spesso percepiamo prima delle parole. La cura ci fa risuonare nel profondo perché va a toccare la nostra parte più spirituale e profonda, ci procura benessere e ci induce a fare lo stesso per altre persone.
Domande importanti
Chi si prende cura di coloro che si dedicano al prossimo, come le religiose? Di cosa hanno bisogno per prevenire situazioni di esaurimento (in inglese burn out) che letteralmente “bruciano” la loro energia vitale rendendole apatiche, senza forza e senza passione?
La cura si esprime nella gestione degli ambienti fisici e virtuali, nell’attenzione alle relazioni, nel discernere cosa nutre la vita e cosa la deturpa. Cosa significa avere cura di noi stesse? Possiamo identificare delle scelte e delle azioni che abbiano il solo scopo di avere cura del nostro benessere fisico, spirituale, mentale e affettivo?
Noi crediamo che la cura possa scaturire in tutta la sua potenza solo a partire dall’ascolto profondo delle nostre viscere.