Un corso gratuito, articolato in cinque incontri presso l’Aula K1 del complesso universitario di via D’Azeglio, a Parma. Si è svolto da ottobre a dicembre dello scorso anno per approfondire, con insegnanti ed educatori, tematiche poco esplorate: superare identità e ruoli stereotipati, riconoscere e considerare i valori delle differenze e delle soggettività di cui uomini e donne sono espressione, rispettare la libertà nelle relazioni, prevenire la violenza nelle relazioni di intimità, riconoscere i segnali indicatori di comportamenti violenti, dentro e fuori la famiglia.
Per quale ragione avete pensato a un percorso educativo per insegnanti?
Dopo anni di esperienza di lavoro con i ragazzi e le ragazze, sentivamo da tempo l’esigenza di rivolgerci a chi con loro fa un lavoro educativo quotidiano, a chi per loro è un punto di riferimento importante e a chi con loro passa molto tempo ogni giorno.
Gli stessi ragazzi e ragazze negli ultimi tempi ci chiedevano: «Perché venite a parlare con noi di queste cose? Perché non ne parlate con gli adulti?». E avevano ragione. Perché intercettare il mondo adulto è più difficile, come lo è innescare un cambiamento di mentalità. E se le giovani generazioni non trovano dei modelli di riferimento alternativi nel mondo adulto, nessun vero cambiamento sarà possibile.
Come mai una speciale attenzione al personale docente della scuola primaria?
Noi pensiamo sia fondamentale cominciare a lavorare il prima possibile su relazioni affettive, d’amore e d’amicizia, anche perché troviamo stereotipi di genere ben radicati fin dalla primissima infanzia. Abbiamo avuto modo di confrontarci su questo tema grazie a un progetto europeo.* Come consulenti esperti abbiamo seguito una classe dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia al primo anno della primaria, includendo insegnanti e genitori. Così è stato possibile sperimentare un nuovo modello di pedagogia, anche attraverso laboratori di formazione congiunta con insegnanti e genitori.
Perché avete scelto di prevenire la violenza proprio attraverso la “cultura delle differenze”?
Per quanto riguarda il contrasto alla violenza sulle donne, la Convenzione di Istanbul e il recente Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere invitano a passare da una logica emergenziale ad una sistemica, nella quale un ruolo centrale è affidato all’educazione e alla scuola. In questo contesto la sfida riguarda la trasformazione sociale e culturale, che ha visto emergere la soggettività e la libertà femminile all’interno di un più generale processo di democratizzazione delle relazioni e delle famiglie.
L’accettazione e la sedimentazione di questo cambiamento comporta il riconoscimento dell’uguaglianza in termini di diritti e opportunità, e contemporaneamente la valorizzazione delle differenze e delle soggettività di cui uomini e donne, bambini e bambine sono espressione.
Questa trasformazione interroga il modo in cui costruiamo e nutriamo le relazioni affettive, d’amore e d’amicizia, ma anche il modo in cui conduciamo le relazioni di lavoro tra colleghi e colleghe, tra educatori ed educatrici.