Non esiste qualcosa di simile a “un’ideologia di genere”, si tratta di uno spettro. Esiste, sì, uno strumento concettuale, utile e necessario nelle scienze sociali, che è la “teoria di genere”. A partire da ignoranza, timori e fobie, viene costruito un nemico che bisogna combattere e allontanare il più possibile per evitarne il contagio: l’ideologia di genere… Nella seconda metà del XX secolo si propone, a livello delle scienze sociali, a partire inizialmente dalla storia, il concetto di genere, con il quale si vuole comprendere meglio il modo in cui uomini e donne sviluppano la loro sessualità secondo le diverse circostanze, formazione e scelte. Già nel 1949, Simone de Beauvoir, nella sua opera Il secondo sesso, dice che «non si nasce donna, lo si diventa», per indicare come le esigenze della socializzazione e dell’educazione ci conformino in un modo o nell’altro come femmine o maschi.
Marcela Legarde, antropologa messicana, definisce così la portata di questo concetto: la prospettiva di genere permette di analizzare e comprendere le caratteristiche che definiscono le donne e gli uomini in maniera specifica, come pure le loro somiglianze e differenze. Questa prospettiva di genere analizza le possibilità vitali delle donne e degli uomini: il senso delle loro vite, le complesse e diverse relazioni sociali che si realizzano fra entrambi i generi, così come i conflitti istituzionali e quotidiani che devono affrontare e le modalità con cui lo fanno.
Possiamo parlare allora di uno “sguardo di genere”, il cui principale risultato è aiutarci a visualizzare i diversi contributi e le diverse prassi e realtà dell’umanità, nelle loro differenze, nelle loro pratiche e nelle loro opzioni di genere sessuale…
Mi sembra pertinente parlare di “sguardo”, perché di questo si tratta: di guardare, di cogliere, di comprendere da altre angolazioni. Guardare il mondo con questi occhi nuovi facilita la nascita di sentimenti di solidarietà e di compenetrazione. L’insistenza a trattare gli studi di genere come un nemico onnipotente e onnipresente condannerà le Chiese a un’incomprensione radicale dell’evoluzione dell’umanità nel XXI secolo.