«Dove Dio è maschio, i maschi si credono dei». Sotto questo titolo si trovavano le parole pronunciate dalla ministra protestante Judith van Osdol in un incontro regionale di donne svoltosi a Buenos Aires. «Le Chiese che immaginano o rappresentano Dio come un maschio devono farsi carico di questa immagine come un’eresia. Perché là dove Dio è maschio, il maschio è Dio».
Nell’iconografia cristiana, nelle immagini che abbiamo visto da bambini, Dio è un vecchio con la barba. È pure un Re con corona e scettro seduto su un trono. È un Giudice inappellabile, dalle decisioni imperscrutabili. È anche il Dio degli Eserciti. È sempre un’autorità maschile.
Persino in espressioni religiose più recenti, popolari e liberatrici come nel caso della Misa Campesina nicaraguense, Dio appare come un uomo. Lo cantiamo come «artigiano, carpentiere, muratore e operaio». Non ha, questo Dio, nessun impiego femminile. E lo «vediamo» alla pompa di benzina controllare i pneumatici di un camion, pattugliare le strade, lucidare scarpe nel parco, sempre in lavori da uomini. È un Dio povero e popolano, ma… è maschio. Il Dio della Teologia della Liberazione continua a essere un Maschio.