Partendo dalla riscoperta delle origini di ciascuno, il progetto ha contribuito gradualmente alla scoperta dell’altro, cercando di stimolare empatia e riconoscimento della persona che per cultura ed esperienze è percepita come diversa, strana e quindi straniera.
Lo spunto è stato offerto dal docufilm Fuocoammare di Gianfranco Rosi, fatto oggetto di lavoro dagli studenti di terza media, che con fatica e buona volontà si sono così avvicinati al tema delicato dell’immigrazione.
Parlano i ragazzi: «Onestamente, all’inizio abbiamo fatto un po’ di fatica a seguire il lungometraggio, per la lentezza dell’azione, per la lingua utilizzata, ovvero il dialetto siciliano che si mescola alle varie voci dei migranti, e per le immagini spesso buie, che riproducono il cielo cupo della notte e della tempesta. Fuocoammare ci parla di una delle tante realtà dei nostri giorni, gli sbarchi di migranti che, con crescente frequenza, avvengono lungo le coste italiane. E lo fa attraverso la storia di un’isola che è diventata il simbolo dell’emergenza e dell’accoglienza: Lampedusa».
Parlano i migranti: «Non potevamo restare in Nigeria, molti morivano, c’erano i bombardamenti.
Siamo scappati nel deserto. Nel Sahara molti sono morti, sono stati uccisi, stuprati. Non potevamo restare. Siamo scappati in Libia, ma in Libia c’era l’Isis e non potevamo rimanere.
Abbiamo pianto in ginocchio: cosa faremo? Le montagne non ci nascondevano, la gente non ci nascondeva. Siamo scappati verso il mare. Nel viaggio in mare sono morti in tanti. Si sono persi in mare. La barca aveva novanta passeggeri. Solo trenta sono stati salvati, gli altri sono morti. Oggi siamo vivi. Il mare non è un luogo da oltrepassare. Il mare non è una strada. Ma oggi siamo vivi. Nella vita è rischioso non rischiare, perché la vita stessa è un rischio… Siamo andati in mare e non siamo morti».
Anche così si realizza il sogno di una scuola nuova, attenta al presente, che rende attuale l’insegnamento di don Milani.