È importante poter dialogare con il mondo della finanza, soprattutto quella sostenibile, che contrasta il cambiamento climatico e l’evasione fiscale da delocalizzazione nei paradisi fiscali, mentre promuove la parità di genere in relazione a retribuzioni e compiti affidati.
In passato non sono mancati momenti in cui la Chiesa ha dato attenzione all’uso del denaro e dei beni materiali, ma Oeconomicae et pecuniariae quaestiones va oltre: parla in modo diretto di realtà concrete, con un linguaggio molto comprensibile all’operatore finanziario. Occasioni di confronto su questo documento sarebbero da incoraggiare, soprattutto nel mondo delle banche di credito cooperativo, delle banche popolari, e anche della borsa.
Una sferzata al “vendi-vendi”
Il testo denuncia senza mezzi termini abusi e raggiri: «Commercializzare alcuni strumenti finanziari, di per sé leciti, in una situazione di asimmetria, approfittando delle lacune cognitive o della debolezza contrattuale di una delle controparti, costituisce di per sé una violazione della debita correttezza relazionale ed è già una grave infrazione dal punto di vista etico». Si comporta male anche chi, per trarre maggior profitto dall’intermediazione, induce il cliente a comprare e vendere titoli con eccessiva frequenza.
In Italia la legislazione prevede le Società di gestione del risparmio (Sgr): nessun altro lo può gestire come attore all’interno del mondo degli intermediari finanziari. La diligenza professionale dovrebbe essere garantita anche in questo ambito, in cui la commistione fra banche di deposito e di investimento, favorita dalla ricerca del profitto, genera confusione. Da quando le banche di deposito, per una serie di circostanze, non riescono più a vendere il loro prodotto principale, ovvero il credito, sono diventate canale privilegiato per vendere prodotti finanziari, perché il risparmio gestito ha bisogno di essere collocato e le banca di deposito sono frequentate da chi ha risparmi. Così esse sono diventate canale privilegiato per vendere prodotti finanziari, da cui lucrano alte commissioni.
La banca che funge da canale di accesso al cliente che compra prodotti finanziari pretende commissioni di collocamento fino al 90% di quelle generate dalla gestione dei prodotti stessi. Si tratta di uno scompenso grave, che potrebbe essere arginato se le società di gestione del risparmio venissero raggiunte direttamente “online”, ma allora la vera sfida diventa la competenza e la formazione di chi “acquista” e di chi “vende” il prodotto finanziario.
Il punto debole
In Italia manca una formazione di base economico-finanziaria; dovrebbe iniziare dalla scuola elementare, perché ogni attività umana assume anche valenza economica.
Il documento del Vaticano fa esplicito appello alla necessità di formazione e non è la prima volta che il cardinale Peter Turkson chiama in causa le business schools: si rende conto che senza coinvolgere le istituzioni universitarie diventa impossibile risolvere quel penoso sdoppiamento spesso sperimentato da chi lavora nel business, come se chi opera nel mondo dell’economia e della finanza seguisse “sul lavoro” regole diverse da quelle “fuori dal lavoro”.
E non è tanto una questione di finanza etica quanto di unitarietà di vita. Noi siamo frutto di ciò che viviamo in tutte le sfaccettature della nostra esistenza, pertanto la scuola e l’università dovrebbero coltivare le abilità relazionali che permeano la vita umana, ovunque: in famiglia come sul lavoro. Una madre responsabile non cessa di esserlo quando lavora e una professionista autorevole non cambia identità quando rientra a casa.
Purtroppo nelle imprese e nel mondo della finanza prevalgono relazioni che riducono la persona a strumento: chi non è più in grado di offrire la massima efficienza diventa uno “scarto”, nonostante il suo prezioso bagaglio di esperienza e competenza.
Percorsi positivi
La trasformazione dell’economia e della finanza è possibile. A datare dal 2000 c’è un grande fermento.
Grazie a strumenti messi a disposizione da investitori attenti all’impatto sulla qualità della vita, la finanza, oltre a pilotare la transizione energetica verso fonti a ridotto impatto ambientale, può anche incoraggiare le aziende a promuovere l’equilibrio fra lavoro e famiglia, essenziale per preservare l’unitarietà della persona.
L’economia civile, promossa dal Movimento del Focolare, coltiva l’attenzione al “bene comune” devolvendo un terzo dell’utile aziendale in “beneficenza generativa” e produttiva.