Nel luglio 2017, terminata la laurea magistrale in Economia e Finanza all’Università Luiss Guido Carli, grazie a un bando della regione Lazio ho pensato di elaborare un progetto di finanza sostenibile.
In Italia, purtroppo, non trovavo nessun master in questo ambito. Però non mi sono arresa, ho continuato a cercare e alla vigilia della scadenza del bando ho casualmente reperito in internet, digitando le parole “Uomo, Finanza e Mercato”, il primo master di finanza sostenibile nel nostro Paese.
Ho presentato il progetto e ottenuto il finanziamento per approfondire una finanza attenta alla persona. Così l’intuizione originaria che avevo avuto a 18 anni posso coltivarla oggi.
Una bella esperienza
Nel “gruppo pioniere” del Master in Finanza: strumenti, mercati e sostenibilità dell’Altis eravamo in 18, di cui 8 donne, provenienti da varie parti d’Italia. Il gruppo era eterogeneo anche per provenienza di studio: solo per metà avevamo una laurea in economia. Così, con l’apporto di differenti discipline è fiorita una molteplicità di prospettive.
Il gruppo piccolo ha permesso un legame diretto fra noi e anche con chi opera nell’organizzazione del master.
La frequenza accademica è durata otto mesi con una trentina di esami, spesso in forma di esercizi e domande aperte. Ho trovato più interessanti gli esami che richiedevano presentazioni o valutazioni di sostenibilità e di impatto, con prove interattive e di gruppo che esortavano a esplorare il nuovo.
A mio avviso, la valutazione di impatto potrebbe divenire ancora più pratica, con misurazioni anche quantitative, oltre che qualitative.
Fra etica e sostenibilità
Venire a contatto con realtà che mettono in discussione, in modo concreto, la finanza tradizionale è stato per me l’aspetto più interessante del corso, perché essa è nata per connettere chi manca di risorse con chi ne ha in abbondanza, ovvero per creare uno scambio potenzialmente virtuoso.
Quando nel mercato manca l’etica, nel lungo periodo ci rimettiamo tutti e tutte. La finanza definita “etica”, però, può venire associata con una élite di persone “brave”, mentre quando la si aggettiva come “sostenibile” riguarda inevitabilmente ogni società che non voglia soccombere.
I corsi universitari che avevo frequentato in precedenza raramente accennavano ad altri modi di concepire la finanza. Attraverso questo master ho potuto incontrare realtà che pongono le risorse finanziare a servizio dell’umanità e comprendo che parlare di “finanza etica” o “sostenibile” dal punto di vista economico, sociale, ambientale e di governance, è diventato oggi irrinunciabile.
Uno stage prezioso
Terminati gli esami nel mese di giugno, sono iniziati quattro mesi di stage: io li sto svolgendo nella direzione commerciale di Banca Prossima, del gruppo Intesa San Paolo.
Questa banca, che per statuto ha l’obiettivo di creare valore sociale, ha per esempio realizzato il progetto “Terzo Valore”, una piattaforma web di social lending che cerca di rispondere alle esigenze del Terzo Settore; la trovo innovativa perché finanzia chi sarebbe escluso dall’accesso al credito. È un modo di rendere più abitabile il mondo. Questo stage mi ha offerto una panoramica ampia del funzionamento della banca e le mie tante domande hanno trovato attenzione.
Altri orizzonti
Nei miei studi precedenti i modelli economici, sebbene smentiti dalla realtà, mi sono stati proposti come gli unici disponibili. Ma se non riusciamo a imparare dai nostri errori, come possiamo progredire?
Il primo anno della laurea magistrale sono entrata in crisi perché la finanza che studiavo mi sembrava alienante, costellata di formule per conoscere il mercato, ma senza attenzione all’umanità.
Non esisteva altro modo di “fare finanza”? Non era possibile cambiare quei paradigmi riduttivi?
Ho cominciato a cercare, leggendo articoli e libri. Così, grazie all’incontro con Alessandra Smerilli, ho scoperto l’economia civile e ho conosciuto Stefano Zamagni, Luigino Bruni e Leonardo Becchetti.
L’economia civile, a mio avviso, riconosce che noi umani siamo per natura pluridimensionali, e rispetto alla finanza tradizionale offre uno sguardo più ampio: se la finanza non è per l’umanità, è contro di essa.
Dare credito
L’ispirazione originaria, che dall’ultimo anno di scuola superiore ha orientato i miei studi, è finalmente diventata una possibilità concreta; un modo altro di “fare banca”, perché dare credito è anzitutto dare fiducia.
In effetti “dar credito”, in senso letterale, significa credere nella capacità di chi sta facendo una cosa buona.
È vero che il sistema bancario esige regole e garanzie, ma si può comunque rispettarle senza soffocare la funzione sociale della banca, che per me oggi è chiaramente prioritaria.