Martedì, 19 Marzo 2019 10:42

Integrazione: uno scoglio di percezioni distorte

La religione praticata dalle persone immigrate può influenzare la loro integrazione?
La domanda posta in questi termini è abbastanza sociocentrica e muove da una prospettiva assimilazionistica, basata cioè sull’idea che fondamentalmente si possa avere integrazione nel momento in cui gli immigrati assomiglino già – o finiscano per assomigliare – ai nativi.

L’assimilazionismo, però, non dà conto di tutti i cambiamenti culturali che avvengono in una società caratterizzata dalle migrazioni, qual è quella italiana oggi.
Le migrazioni e il conseguente incontro tra autoctoni e immigrati generano cambiamenti sia nella cultura di chi arriva, sia nella cultura di chi accoglie. Quindi l’integrazione implica uno sforzo e un impegno da entrambe le parti, e allora può essere interessante capovolgere la prospettiva: quali sono le caratteristiche degli autoctoni che influenzano i processi di integrazione degli immigrati?

Paura, anzitutto
Una ricerca pubblicata nell’ottobre 2018 da Caritas Italiana e da Il Regno mette a fuoco la disponibilità all’accoglienza da parte di cittadini e cittadine italiane e le motivazioni da cui muove. Una scarsa disponibilità ad accogliere gli immigrati sarebbe connessa alla percezione di minaccia culturale, economica e relativa alla sicurezza.
Tale percezione dipende dalle caratteristiche di chi risponde: la partecipazione alle funzioni religiose, la collocazione politica e il titolo di studio.

La partecipazione alle funzioni religiose, suddivisa in settimanale, occasionale e non esistente, è assunta come indicatore della religiosità della persona. Dalla ricerca emerge che coloro che più spesso percepiscono l’immigrazione come minaccia frequentano il tempio occasionalmente; su posizioni intermedie vi sono coloro che frequentano settimanalmente; mentre le persone più aperte sono quelle che non frequentano le funzioni. Tale indicatore risulta comunque poco esplicativo rispetto agli altri due.
Il più importante è il livello di istruzione, le cui categorie sono: scuola dell’obbligo, diploma e titolo di studio universitario. In accordo con la letteratura sul tema, tendenzialmente le persone con titoli di studio più alti tendono meno a percepire l’immigrazione come minaccia.
La collocazione politica vede, come da ipotesi, che le persone che si autodefiniscono di destra tendono a percepire l’immigrazione come minaccia più delle persone di sinistra, mentre chi si definisce di centro si colloca su posizioni intermedie.

L’istruzione conta…
Considerando congiuntamente collocazione politica e titolo di studio emerge un dato rilevante: mentre il titolo di studio non influenza molto la percezione di minaccia nelle persone di destra, lo condiziona nelle persone di sinistra. In altri termini, tra le persone di destra più o meno istruite le differenze sono limitate, mentre sono più importanti tra le persone di sinistra: quelle con basso titolo di studio hanno posizioni che si avvicinano a quelle delle persone di destra nel percepire l’immigrazione come minaccia. Secondo gli autori, ciò rende gli schieramenti di sinistra più vulnerabili. Il forte aumento di approdi tra il 2015 e il 2016 può aver contribuito a uno spostamento dell’elettorato di sinistra verso i partiti anti-immigrazione.
E comparando i dati del 2018 con quelli del 2001 emerge una tendenza simile: il fenomeno non è del tutto nuovo.

… e la conoscenza pure
L’atteggiamento verso le migrazioni è correlato anche alla corretta conoscenza delle migrazioni stesse. Come ha dimostrato una ricerca della Fondazione Cattaneo sulla base di dati Eurobarometro, nel 2018 gli italiani hanno dimostrato di sovrastimare la presenza di immigrati extraeuropei e farlo in misura ben maggiore rispetto ad altri cittadini europei.

Continua...

Last modified on Martedì, 19 Marzo 2019 11:02

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