Mercoledì 9 settembre un disastroso incendio ha distrutto gran parte del Centro di registrazione e identificazione di Moria, sull’isola greca di Lesbo.
Questo centro ospitava temporaneamente circa 12.000 persone, nonostante la capienza sia inferiore a 3.000. Gli incendi hanno lasciato migliaia di persone vulnerabili, tra cui oltre 4.000 bambini, senza un tetto, senza accesso ai servizi sanitari, al cibo e all’acqua.
Il 12 settembre il governo greco ha aperto una tendopoli temporanea all’interno di una ex base militare davanti al mare e sta trasferendo gli sfollati in questo nuovo campo, che a differenza di Moria sarà chiuso da una recinzione. Chi entrerà, non potrà uscirne. Una vera e propria prigione.
A questo proposito, 70 organizzazioni della società civile da tutta Europa hanno diffuso un appello urgente affinché i governi degli Stati membri dell’Ue, con il sostegno della Commissione europea, si attivino per ricollocare urgentemente gli sfollati fuori dalla Grecia.
Norvegia e Olanda hanno immediatamente accolto rispettivamente 50 e 100 persone, Francia e Germania si sono offerti per far trasferire oltre 400 minori. E il resto dell’UE? È questo il momento di condividere esperienze, competenze e risorse per garantire che tutti gli Stati si attivino per gestire le richieste d’aiuto. Sarebbe più facile, forse, se i governi di questi Paesi non si sentissero soli, ma fossero sostenuti concretamente dagli altri stati membri, dalle istituzioni dell’Ue, dalle agenzie dell’Ue e delle Nazioni Unite e non per ultima dalla società civile.
Gli ultimi eventi dimostrano ancora una volta il fallimento degli hotspot come approccio predefinito alla gestione della migrazione. “Ora più che mai è necessaria la creazione immediata di “canali umanitari” di ricollocamento nei Paesi europei, la velocizzazione dei ricongiungimenti familiari, e la completa revisione delle normative sull’immigrazione e il diritto di asilo” recita l’appello della campagna #Lesvoscalling.
Entro il 23 settembre la Commissione europea annuncerà un nuovo Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo. Non sono ancora circolate delle bozze, ma le indiscrezioni emerse sembrano prospettare un patto pieno di criticità. È fondamentale che il Nuovo Patto venga colto come un’opportunità per presentare un nuovo inizio.
L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha inviato una lettera in dieci punti alla commissione per offrire soluzioni, consigli, proposte per evitare che il nuovo patto sia “fondato sulla medesima logica securitaria che ha orientato le politiche della precedente commissione e che ha provocato una rapida e drammatica contrazione dei diritti dei cittadini stranieri” spiega l’operatrice legale dell’Asgi Adelaide Massimi a Internazionale.
Il tempo è ancora poco, ci auguriamo che venga sfruttato per trovare tutte le soluzioni possibili.