«Conoscere per comprendere» è il titolo del 29° Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentato giovedì a Roma.
Il documento parte dal tema indicato da papa Francesco in occasione della 106esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato e fornisce un’attenta analisi dei dati sul fenomeno dell’immigrazione nel nostro Paese sotto molteplici aspetti che vanno dalla scuola, al lavoro, all’economia fino all’integrazione. Tra le principali riflessioni il fatto che i migranti siano in continuo aumento nel mondo e che, al contempo, la percentuale di residenti stranieri in Italia sia in calo.
Come Gesù, circa il 3,5% della popolazione mondiale nel 2019 è stata costretta a fuggire. Le conflittualità e le emergenze umanitarie, aggravate dagli sconvolgimenti climatici, aumentano il numero di sfollati e si ripercuotono sulle persone che già vivono in stato di grave povertà. Oggi il numero di migranti internazionali si attesta a circa 272 milioni di persone. In 50 anni questo numero è quasi quadruplicato (era pari a 84 milioni nel 1970).
Un dramma, quello dei migranti, enormemente aggravato dalla crisi la mondiale causata dalla pandemia. Questa crisi, infatti, ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali. Ma «non è questo il tempo della dimenticanza. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone» ha affermato Papa Francesco.
Secondo il rapporto, l’India è ancora una volta il paese con il maggior numero di emigrati all’estero (17,5 milioni), seguita da Messico e Cina (rispettivamente 11,8 milioni e 10,7 milioni). Gli Stati Uniti, invece, sono il principale paese di destinazione con 50,7 milioni di immigrati internazionali, seguito dall’Arabia Saudita con 13,1 e dalla Russia con 11,9.
In Europa, è la Germania il Paese con il maggior numero di cittadini stranieri residenti oltre 13 milioni di migranti), seguita da Regno Unito e Francia con, rispettivamente, 9,5 milioni e 8 milioni. Con una popolazione che oscilla intorno ai 5 milioni di migranti, l’Italia e la Spagna sono state la quinta e la sesta destinazione in Europa nel 2019.
Gli ultimi diffusi dall’Istat confermano le tendenze in atto da alcuni anni: progressiva diminuzione della popolazione residente, aumento del divario tra nascite e decessi, stagnazione della fecondità a livelli molto bassi, innalzamento dell’età media, saldo migratorio con l’estero positivo, anche se in diminuzione e aumento della popolazione residente straniera, sia in termini assoluti che relativi.
Se fino a un decennio fa questo aumento seguiva un ritmo significativo, da qualche anno il trend è in diminuzione (dal 2018 al 2019 appena 47 mila residenti e 2.500 titolari di permesso di soggiorno in più), accompagnato da altri segnali come la diminuzione delle nascite e le minori acquisizioni di cittadinanza. Tuttavia in Italia il contributo dei migranti al Pil nel 2018 è stato di 139 miliardi di euro, pari al 9% del totale e i circa 2,3 milioni di contribuenti stranieri hanno dichiarato 27,4 miliardi di redditi, versando 13,9 miliardi di contributi e 3,5 miliardi di Irpef.
Questi dati, si legge nel report, «confermano il potenziale economico dell’immigrazione che, pur richiedendo notevoli sforzi nella gestione, produce senza dubbio benefici molto superiori nel medio-lungo periodo».
Senza questi dati sarebbe difficile comprendere i flussi migratori e le loro motivazioni. Ma ancora più difficile sarebbe comprenderne i benefici. Ce ne sono molti, è indubbio. E allora perché non aprire le porte a queste storie, aprirsi alla conoscenza? Non potrebbe essere forse un modo per comprendere e apprendere nuovi modelli di sviluppo?