La condanna a Mimmo Lucano è, ancora una volta, un monito per chiunque in Italia si metta al servizio di altri esseri umani.
Il modello Riace, usato come caso di studio ed esempio “encomiabile" in altri paesi del mondo, nel nostro è stato ridicolizzato e su Lucano è stata inventata qualunque storia. Oggi Mimmo Lucano viene condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, quasi il doppio di quanto richiesto dall'accusa, e dovrà restituire 500mila euro di finanziamenti ricevuti da Unione Europea e governo.
Anche se le sentenze della magistratura vanno rispettate e mai criticate, e anche se probabilmente - come ha scritto Cecilia Strada - al terzo grado crollerà tutto, questa condanna ha portato solo sgomento, paura e sfiducia in noi e in tutte quelle realtà che ogni giorno, in mare e sul nostro territorio, cercano di cambiare una cultura piena di xenofobia, razzismo e sopraffazione.
Su Change.org l’insegnante Emanuela Petrolati ha lanciato la petizione che ha raggiunto in poco tempo migliaia di firme.
A Riace, il sistema messo in piedi da Lucano era stato descritto come un modello per i principi di solidarietà a cui si ispirava, ma secondo i giudici del tribunale di Locri nascondeva invece un’associazione a delinquere. Tutto iniziò quando Lucano, prima come attivista poi come sindaco, iniziò ad accogliere i migranti per integrarli nella comunità locale ormai in abbandono.
Un anno dopo nacque l’associazione Città Futura, per dare accoglienza agli immigrati. Nel 2004 arrivò la prima elezione a sindaco, nel 2009 i consensi salirono, nel frattempo Riace era stato il primo comune italiano, assieme a Trieste, a partecipare al sistema per l’accoglienza che poi sarebbe diventato lo Sprar, (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, poi smantellato da Salvini quando era ministro dell’Interno).
“Riace rappresenta la prova oggettiva che quelle raccontate sui migranti sono solo menzogne”, ha affermato Roberto Saviano. Riace era la prova che accoglienza e integrazione potevano portare lavoro e ricchezza per una terra destinata altrimenti allo spopolamento.
Oggi, a un giorno dalla Giornata della memoria e dell’accoglienza, ascoltiamo la sentenza con tristezza. E alcuni dati alla mano.
L’anno scorso hanno chiesto asilo nell’Unione Europea circa 416.600 persone, oltre 200.000 in meno rispetto al dato 2019 (631.300), e soprattutto un terzo rispetto al picco toccato nel 2015-2016. Ma se allarghiamo lo sguardo al mondo, gli spostamenti sono tutt’altro che in declino. Il numero dei migranti forzati nel mondo ha toccato nel 2020 un nuovo picco, con 82,4 milioni di persone scacciate dalle loro case.
Nel 2020 il quadro è stato assai distante dalle narrazioni che continuano a circolare in Italia e in Europa: risulta che l’86% dei rifugiati internazionali viene accolto in paesi in via di sviluppo, o al più intermedi, perlopiù confinanti con il paese da cui provengono le persone in fuga (73%). Una minima parte dell’ondata di migrazioni forzate che sta muovendo il mondo ha come destinazione l’Italia e l’Europa. E ancora non riusciamo a trovare il modo di integrare questi nuovi mondi. O di accettare che qualcuno provi a farlo.
Le persone da accogliere saranno sempre di più, ma probabilmente, per la prossima lezione di accoglienza, dovremo cercare lontano.