La scorsa settimana si è conclusa con una notizia agghiacciante: due bambini hanno perso la vita in quello che ormai da anni è diventato un cimitero subacqueo, il mar Mediterraneo. A provocarne la morte un'esplosione che si è verificata sulla barca, che ha causato anche gravi ustioni ad una donna incinta e madre di una delle due piccole vittime.
Il tutto succede a non più di un mese di distanza da un'altra grande tragedia: era il 21 settembre quando 18 persone – tutte con meno di 30 anni – sono partite dalla costa di Zarzis, in Tunisia, a bordo di un’imbarcazione della quale non si avranno più notizie fino al 2 ottobre, giorno in cui viene ritrovato in mare il cadavere di una donna.
In questo terribile naufragio, c'è un dettaglio che colpisce in modo particolare: esiste una pratica, che va avanti da anni e non solo in Tunisia, circa la quale i corpi ritrovati in mare vengono seppelliti senza eseguire il test del DNA per il riconoscimento.
Per questo motivo, da diversi giorni la città di Zarzis è teatro di proteste da parte di famiglie, scuole e associazioni che reclamano verità circa la scomparsa dei loro concittadini e concittadine.
Lasciare il proprio Paese è difficile ma, spinti dalla speranza di crearsi un futuro migliore, sono in molti a farlo. Come Diana Chepkemoi, che ha lasciato il Kenya per l'Arabia Saudita con la promessa di un lavoro dignitoso e ben retribuito, ma la realtà a cui è andata incontro è stata ben diversa e assai più amara: per oltre un anno ha subito minacce e maltrattatamenti da quello che doveva essere il suo datore di lavoro, che non l'ha mai pagata per il lavoro svolto e l'ha resa, di fatto, una schiava.
Ricordiamo queste digrazie in concomitanza con la Giornata mondiale dell'informazione sullo Sviluppo e con quella internazionale dell’ONU, che ricorrono entrambe il 24 ottobre.
Per l'occasione, sul sito di Onu Italia si leggono queste parole: «La diffusione dell’informazione è un fattore chiave dello sviluppo economico, a sua volta essenziale per promuovere il benessere sociale».
Le informazioni che ci raggiungono in questo ottobre sono dolorose, ma diffonderle può rappresentare uno strumento utile allo sviluppo.
Che, ci auguriamo, non sarà solo economico.