L’informazione sulle migrazioni fornita dai media più diffusi è molto spesso deontologicamente scorretta e irresponsabile, perché da una parte assolutizza dati che vanno relativizzati e dall’altra contribuisce non poco, schiacciata com’è sul disagio e la cronaca nera, ad alimentare paure che sono matrici di xenofobia e razzismo.
Ci sono in questo dossier numeri che parlano da soli. E basterebbe tenerli presenti per la durata di un talk-show televisivo per rendersi conto della superficialità con cui quasi sempre, nei media, viene affrontato l’argomento immigrazione.
Prendiamo il dato che, al posto dell’immagine conturbante dei barconi, dovrebbe fare macroscopicamente da sfondo ad ogni dibattito in televisione: più di un miliardo di persone, su 7 miliardi e 500 milioni di esseri umani oggi nel mondo, ha fatto o sta facendo l’esperienza del migrare da una regione all’altra, da uno Stato all’altro, da un continente all’altro del Pianeta. O come risorsa o come problema. O come risorsa e problema insieme, in diverse proporzioni, combinazioni e prospettive, per sé e per gli altri, suscitando di volta in volta, in differenti congiunture economiche e sociali, atteggiamenti di massa favorevoli e sfavorevoli all’apertura delle frontiere.
Di questo miliardo, tre quarti (750 milioni circa) è costituito da persone, uomini e donne prevalentemente giovani, dentro le cosiddette migrazioni interne (si pensi anche soltanto a grandi Paesi come Brasile, Sudafrica, India, Cina) e un quarto (250 milioni circa) dentro le migrazioni internazionali, con flussi che sono ad oggi imputabili solo per il 34% a movimenti dal Sud al Nord del mondo, mentre per il 38% si tratta di spostamenti Sud-Sud, per il 23% Nord-Nord e, in minima parte, per il 5%, Nord-Sud.
Ci sono in questo dossier testimonianze che vengono da regioni di confine...