I migranti e i richiedenti asilo non saranno più obbligati a fare domanda di protezione internazionale nel primo paese d’approdo. Il meccanismo verrà sostituito da un sistema di ricollocamento, una vera e propria redistribuzione permanente e automatica. E’ questo il punto centrale della riforma del Regolamento Dublino, approvata oggi dalla Commissione Libe del Parlamento europeo, con 43 voti a favore e 16 contrari.
“Il sistema europeo di asilo è una delle questioni chiave che determinano lo sviluppo futuro dell’Europa. In qualità di relatrice, il mio obiettivo è creare un sistema d’asilo veramente nuovo basato sulla solidarietà, con regole chiare e incentivi a seguirle, sia per i richiedenti asilo che per tutti gli Stati membri – ha sottolineato Cecilia Wikström, eurodeputata svedese, relatrice del provvedimento approvato oggi nella Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo. L’obiettivo, spiega è quello di rimediare alle attuali debolezze del sistema d’asilo dell’Unione europea e “creare un sistema solido per il futuro”.
Il punto principale del testo approvato riguarda il fatto che il “primo Paese di arrivo non sarà più automaticamente responsabile per i richiedenti asilo”. L’attribuzione della responsabilità sarebbe basata, secondo quanto chiede il Parlamento, sui “reali legami” con uno Stato membro, quali la famiglia, l’avervi già vissuto in precedenza o gli studi. “In assenza di questi legami, i richiedenti asilo verrebbero automaticamente assegnati ad uno Stato membro dell’Ue in base ad un metodo di ripartizione fisso”, dopo essere stati registrati al loro arrivo, “e dopo un controllo di sicurezza e una rapida valutazione dell’ammissibilità della loro domanda di protezione”.
Ecco che cosa cambia. Il punto centrale della proposta di riforma è la cancellazione del criterio del primo paese di accesso, che viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento, cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri, a pena di conseguenze sui fondi strutturali. Nel testo viene poi introdotta una nuova procedura accelerata di ricongiungimento familiare, per cui basteranno sufficienti indicazioni sulla presenza di un familiare in un altro stato membro per un rapido ricollocamento. Inoltre sono state rafforzate le garanzie procedurali e gli obblighi di informativa per i richiedenti, in particolare le salvaguardie per i minori non accompagnati tra le quali la nomina entro 24 ore di un tutore.
Il nuovo testo del regolamento Dublino amplia, inoltre, la portata dei criteri di responsabilità rafforzano e valorizzando legami significativi del richiedente con altri stati membri, come ad esempio precedenti permessi di soggiorno o visti, o titoli accademici ottenuti in altri stati membri, nell’ottica di facilitare l’inserimento sociale. Vengono poi cancellati i check obbligatori di inammissibilità proposti dalla Commissione. Tali check avrebbero obbligato i Paesi di primo ingresso ad effettuare controlli sistematici sull’inammissibilità di tutti i richiedenti in base ai concetti di paese terzo sicuro e primo paese d’asilo, creando oneri aggiuntivi per i paesi di frontiera e mettendo a rischio il diritto di richiedere l’asilo.
Una “rivoluzione copernicana del sistema dell’asilo” la definisce l'europarlamentare di Possibile Elly Schlein, relatrice della riforma di Dublino per il gruppo dei Socialisti e Democratici. L’eurodeputata non nasconde la soddisfazione, ma parla anche di “un negoziato lungo e complesso, con 21 riunioni dei relatori ombra e svariate riunioni tecniche, in cui siamo riusciti a raggiungere un compromesso di alto livello, votato da una maggioranza ampia e trasversale che va dai Socialisti e Democratici, ai Verdi e la Gue, per arrivare ai Popolari e ai Liberali”. Ora la parola passa al Consiglio, dove peserà il veto di alcuni paesi, in particolare quelli dell’Est Europa (il cosidetto gruppo di Visegrad) apertamente contrari ad accogliere rifugiati. “Il Parlamento con il voto di oggi ha dimostrato grande compattezza e lungimiranza, ci aspettiamo che il Consiglio Europeo sappia fare altrettanto, mettendo da parte gli egoismi nazionali e mettendosi al servizio di un progetto comune” conclude Schlein.