Il 3 ottobre 2013, nella notte fra il 2 e il 3 ottobre, un barcone partito dalla Libia alla volta della Sicilia fece naufragio di fronte a Lampedusa.
Furono 368 i morti accertati nel canale di Sicilia, una ventina i dispersi, 155 i migranti tratti in salvo: uno dei naufragi più gravi nel Mediterraneo (ad oggi si stimano in 5.000 in totale le vittime di naufragi fra i migranti).
"Io qui sono nata una seconda volta, l'Italia mi ha dato un'altra vita. Ho lasciato a casa, in Svezia, il mio bambino di sei mesi pur di tornare a Lampedusa.....per riabbracciare gli altri superstiti ed i pescatori che ci hanno salvato" racconta Kebrat, la giovane eritrea creduta morta nel naufragio e salvata dall'intuizione del medico di Lampedusa, che colse un lievissimo battito nel suo polso e insistè a rianimarla, ridandole la vita che stava sfuggendo.
Uno straordinario caso di solidarietà, di generosità di tutti i cittadini e le forze che si trovarono a vivere un episodio che non dimenticheranno mai.
L'umanità trionfò, quel 3 ottobre 2013.
Ma si dileguò presto, in qualcuno, tanto da spingerlo a chiedere con forza la chiusura dell'hotspot di Lampedusa, manifestando tutta la sua intolleranza nei confronti dei migranti ospitati che, a suo dire, avrebbero portato l'isola al collasso (nelle scorse settimane era piena di turisti....).
Tutto ciò crea un profondo senso d'imbarazzo.
In ricordo di quel tragico episodio, per commemorare quelle vittime e con l'auspicio che simili tragedie non si ripetano, scriviamo... affinchè le parole che ci escono dalle labbra siano di solidarietà e colme di una profonda umanità e rispetto per il dolore, la sofferenza, la morte.
Perchè di questo si tratta.
3 ottobre 2013 - 3 ottobre 2017