Si chiama Viacrucis Migrante.
È la carovana del Movimiento Migrante Mesoamericano che dal 2010 accompagna i migranti fino a Città del Messico, da dove potranno procedere verso il confine con gli Stati Uniti. Non sono messicani, gli uomini, le donne e i bambini che lasciano le loro terre e decidono di emigrare, o almeno, provarci. Provengono dall’Honduras, dal Guatemala, da El Salvador e dal Nicaragua. Molti di loro si mettono in cammino verso nord ignorando l’esistenza di questa carovana, poi solitamente si uniscono quando la incontrano o quando ne vengono a conoscenza.
Nonostante le miserie e i pericoli di un “pellegrinaggio” in solitaria verso l’America, ciò che incontrano i migranti al loro arrivo al confine, non è accoglienza. Dopo il crudele tentativo di separare i minori dai propri genitori come deterrente, il presidente americano fa un passo indietro. Prendendo l’ennesima decisione che ancora una volta non fermerà l’immigrazione, piuttosto andrà ad aumentare il business dei centri di detenzione.
Ciò che dovrebbe fare, forse, è un passo avanti. Tendere la mano verso quelle madri separate dai loro bambini. Parlare, conoscere, aiutare i volontari che ogni settimana arrivano come un esercito nei centri di detenzione in Texas. Tanti sono interpreti, avvocati, e vengono per portare aiuti, consigli, sostegno legale.
Tra i tanti e le tante, c’è Nara Milanich, storica dell’America Latina e docente al Barnard College, Columbia University di New York. A Io Donna, Nara ha raccontato la storia delle donne che partono dal centro America, e viaggiano con le loro paure, il loro passato, i loro sogni. Di fronte a loro hanno un cammino durissimo: la ricerca dell’asilo è un terno al lotto. Eppure vengono lo stesso.
«Queste sono donne che non hanno avuto scelta - dice Nara - come Maria (nome di fantasia), che ha raccontato di come il marito, taxista, sia tornato a casa piangendo perché una gang locale gli aveva ordinato di trasportare armi. Che fare? Sfidare la gang era morte certa; accettare l’ordine quasi altrettanto». L’uomo fuggì negli Usa ed è tutt’ora in attesa di risposta per ricevere asilo. Maria è rimasta con le figlie e il cognato; ma pochi mesi dopo anche il cognato è stato preso di mira. A lui è toccato il peggio: la morte. Così anche Maria è partita, per arrivare negli Stati Uniti con due figlie e un nipotino di nove anni, che le è stato tolto alla frontiera.
Storie come quella di Maria ce ne sono tante. Donne di coraggio che rinunciano alla casa, alla patria, a volte anche ai figli, per cercare, per se stesse e per loro, di tenere sempre viva la speranza che una vita migliore sia davvero possibile.